Se l'Albinoleffe aveva dato una lezione di perfezione societaria, la matricola Grosseto, damblè, ha evidenziato i soliti limiti di un Bari bello a metà, capace di rimontare due gol ma in perenne conflitto in difesa.
Gli innesti di gennaio dovevano servire a dare un giro di vite ai troppi gol subiti ma dai quasi tre di media subiti nel periodo Mate_razzi si è scesi ai quasi due di Conte: solo colpa di Ladino, Ingrosso e Bel_monte? Chissà. Il tormentone Donda, reduce dall'ennesima prestazione incolore nonostante il cambio di marcia del secondo tempo, ha lasciato il posto a quello della difesa.
Un pareggio che mantiene ferma la volontà di tagliare in anticipo il traguardo della solita bolsa salvezza grazie, stavolta, all'ultimo filo di voce dell'ugola afona di Conte decisiva nello spronare la squadra nell'intervallo ma grazie soprattutto alla provvidenziale presenza di Cavalli sulla ribattuta del rigore. Calendario alla mano, il Bari si giocherà la salvezza in casa con squadre più o meno abbordabili: le trasferte cui dovrà recarsi, infatti, appaiono proibitive e Conte dovrà regolare certi meccanismi in difesa se vuole mettere fieno in cascina perché gli inserimenti dei trequartisti e degli attaccanti avversari, quest'anno quasi sempre a segno, sono oggettivamente troppi. Gillet non può far miracoli ogni domenica, è necessario equilibrare la linea difensiva magari raccordandola al centrocampo. Per il futuro, invece, bisognerà trovare degni sostituti a quanti torneranno al mittente, Lanzafame su tutti, e il segnale criptato Maric è già qualcosa, ma occorrerà soprattutto contrattualizzare quelli che avranno convinto Conte senza lasciarseli sfuggire perché la fiducia al tecnico passa anche dalle sue richieste per un Bari migliore.
C'è da recuperare una generazione di baresi invaghitasi sull'asse Milano-Torino, oltre che a salvare la prossima, perché si percepisce fin troppo disinteresse attorno alla squadra. Matarrese ha avuto tutto da Bari nel corso di questi 31 anni, lavoro, potere, politica, e lascia l'amaro in bocca saperlo insensibile al do ut des con una città che, in fondo, lo ha adottato.
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