Articolo per BariLive 24/9/2009
 
La città "invisibile" sugli spalti e i timori dei parassiti 
Bari Cagliari: fra errori e rimpianti in attesa della Rivoluzione
E ci attende il Milan


Era una serata da passare sul mare, magari in compagnia, quella di ieri, altro che stadio San Nicola. Una mezza luna mai stata così splendente squarciava le tenebre di quel lembo di città invisibile di calviniana memoria, con una temperatura di quelle che ti fanno ringraziare iddio per essere nato e vissuto a Bari al punto che ti veniva voglia pure di ordinare due pizze ed una birraperoni ghiacciata in tribuna stampa piuttosto che prendere bolsi ed inutili appunti di una partita di pallone. Sarà per un’altra volta.

Bellissima la luna che strizzava l’occhiolino ai tifosi, innamorati della propria squadra dalla quale si attendevano, ieri, il fidanzamento ufficiale, quello stesso andato a monte qualche anno fa a causa di qualche Lipatin di troppo. Ma si sa, le favole sono favole e non sempre baciando il rospo appare un principe, fatto sta che per leggere la favola di una Bari vincente, vestita col tailleur rosso, per due volte consecutive - peraltro a distanza di 72 ore - e, di conseguenza, che spicca un primo volo come un airone verso altre latitudini, bisognerà attendere un’altra volta. Tanto, prima o poi accadrà, è questione di legge dei numeri.


Ah vecchia mitica Bari di sempre, croce e delizia dei cuori biancorossi (ultimamente più delizia che croce, finalmente), dicotomica all’eccesso, finalmente sei tornata sulla terra travestita da pompiere per spegnere i soliti prevedibili pericolosi focolai di un entusiasmo già palpabile in città che avrebbe sicuramente provocato un ricovero di massa presso il policlinico a causa di vertigini e di improvvisi colpi di freddo. Si sa come sono i tifosi dal palato fine: si emozionano facilmente, affamati di calcio che conta a causa di una penuria programmata a tavolino, tanto che basta un Kamata spuntato dal nulla per lasciarsi trascinare nel vortice dell’irrazionalità. E’ inutile, per spiccare il volo non occorre il solo Donati, e nemmeno un nuovo Pelè, ma un cambiamento di mentalità e di organizzazione societaria: non si può percorrere Bari-Milano in un’ora senza un aereo, insomma.

E adesso su, coraggio, tutti a rimpiangere Antonio Conte. E già, perché abbiamo come l’impressione che molti tifosi baresi, in cuor loro, lo avranno pure pensato ieri sera mentre veniva espulso dalla panchina bergamasca. Così come già ci vediamo il tribunale dell’inquisizione, tutto rigorosamente in fascia biancorossa, anzi in cintura nera, giudicare e condannare il buon Ranocchia, reo di aver scambiato, per un momento, il gioco del calcio col karatè. Perché è così che funziona da queste parti. Tre volte e mezza sull’altare, grazie alle intuizioni di Giampiero Ventura, ed una sulla polvere, retrogusto amarognolo fisiologico a parte, avranno sicuramente fatto cambiare idea a qualcuno che, forse, si era già premunito di giacche a vento, sciarpe, berretto e guanti per affrontare le ferrate del Monte Rosa, lassù, a quota 12. No, non è stato necessario Mourinho a metterla in difficoltà ma l’organizzazione fluida di un Cagliari qualsiasi che, diversamente da quanto si è visto, dovrà lottare per conquistare la salvezza, di un Cagliari sodo che, sin da subito, ha dimostrato di non essere l’Atalanta di Gregucci, a questo punto, vero e proprio specchietto per le allodole: pratici e in palla i sardi, imballati e sotto tono i nostri, qualcuno addirittura svogliato.

Forse un turno di riposo a Leonida I°, detto Gazzi, il rosso oplita spartano sempre in prima fila al passo delle Termopili di un torneo difficile come questo contro i persiani signorini della A, o al Generale Donati, che, dopo Platt, riteniamo sia stato, forse, il miglior giocatore acquistato dal Bari da 30 anni a questa parte in relazione al rapporto qualità-età e alla tipologia di campionato (mica è la C), avrebbe giovato di più che a Kutuzov il quale - lo ribadiamo per l’ennesima volta – al momento sembra l’unico che possa garantire la profondità del gioco dal centrocampo alla porta, così come ci sembra l’unico che riesce a far spazio agli attaccanti oltre ad avere un eccellente controllo di palla.

Ci spiace per Meggiorni ma, ancora una volta, non ci ha convinto nonostante il solito refrain secondo il quale, è un giocatore del futuro su cui si punta, bla bla bla, e pertanto bisogna farlo crescere, sentendosi così autorizzati a gettarlo sempre nelle mischie. Invano. Ma questo è un ragionamento alla “Matarrese”, mettiamola simpaticamente così, mica alla Barton. Ecco, quando vediamo che ci si intestardisce su un qualcuno che non ripaga la fiducia, ci sembra tornare indietro agli anni bui di Pizzinat, Da Silva & soci. Come per Volpato, per Simone Motta (un milione di gol a Teramo, uno solo col Bari) e come altri, se il prodotto non funziona, è inutile insistere o, quanto meno, lo si fa accomodare per intanto in panchina in attesa dei cosiddetti tempi migliori, posto che arrivino. Nessuno discute le qualità del giocatore, si vede che ha stoffa, ma, diamine, la realtà è quella per cui son due mesi che indossa la maglia biancorossa (anche per necessità a causa dell’indisponibilità di Barreto) e, salvo le goleade ai camerieri degli alberghi di Vipiteno misti ai sottufficiali della guardia di finanza, per l’occasione in calzoncini corti, della Val di Ridanna - mica a quelli della Juve o dell’Inter - non ci è parso particolarmente proficuo atteso che, essendo lui attaccante e quindi deputato a far gol (pochi o tanti, non ha importanza), è stucchevole e riduttivo sentirsi dire che, infondo “si è impegnato molto”, in quanto c’è già chi ci pensa all’impegno (Kutuzov e non solo): lui deve pensare a buttarla dentro. E basta. Non vorremmo sbagliarci ma abbiamo come l’impressione che il suo carattere assomigli molto a quello di un certo Siligardi. Speriamo, ovviamente, di essere smentiti sin da domenica prossima, magari con un eurogol al Milan, ne saremmo felicissimi anche perché le alternative si chiamano Greco, Sforzini e Visconti, solito personale giunto a Bari necessitante del consueto periodo di tempo, alla Donda per intenderci, infortuni a parte.

Forse aveva ragione Ventura nel post Bari-Atalanta quando parlava di possibile pancia piena: l’impressione, infatti, è che molti dei giocatori sembravano appagati, quasi non c’erano con la testa, molti non si reggevano sulle gambe (Barreto su tutti, tanto per fare nomi e cognomi) ed altri ancora hanno fatto emergere, dopo molte partite, i noti limiti dovuti all’assoluta inadeguatezza nel ruolo preposto: pensiamo ai due Masiello (all’ottimo Andrea soprattutto) che, messo davanti ad una punta sgusciante qualsiasi come Matri o Jeda, va in tilt senza tante storie, figuriamoci con quelli più titolati quando entreranno in forma. Siamo convinti, però, che la Bari vista ieri sia tutt’altro che da buttar via. Allegri le ha fatto anche i complimenti (gli ennesimi), così come siamo convinti che quella ammirata a San Siro contro l’Inter abbia convinto soprattutto (e ribadiamo, soprattutto, non solamente) a causa dell’acerbità interista, ancora evidentemente indietro con la preparazione a differenza di quella dei ragazzi del Prof. Innocenti che ne vanta una già invidiabile.

Un po’ più di equilibrio, dunque, a cominciare, magari, proprio da domenica prossima, guarda caso nuovamente all’ombra la madonnina di piazza duomo, visto che l’undici rossonero stenta ancora a decollare, con un Leonardo a cui sembrano volergli trovare il pretesto per la spallata definitiva, sicchè, come diceva in sala stampa ieri un Ventura bello almeno quanto il suo collega Allegri, aspettiamoci una grande prestazione perché le premesse ci sono a cominciare dal non esaltante stato psico-fisico di quelli del miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni. Ecco, se solo la Bari riuscisse, una volta per tutte, a piantarla di indossare le vesti di squadra scacciacrisi come tradizionalmente fa, forse potremo dire di essere entrati in Europa. Per lo scudetto, ahinoi, invece occorrerà meno clientelismo da parte di certi parassiti che gravitano attorno alla società adesso diventati anche provocatori dal momento che, probabilmente, come per gli animali, percepiscono il terremoto prima degli umani. E noi, con tutta la nostra proverbiale solidarietà verso chi soffre, verso i deboli e verso chi non ha mai contato nulla, non proviamo nessuna pietà verso costoro, stampa, tifosi et similaria, da sempre lacchè verso qualsivoglia istituzione o personaggio bipartisan. Nulla contro Matarrese, sia ben inteso, ma le sanguisughe, assieme alle irritanti ed inutili zanzare, ci sono sempre state sulle stomaco.
Giocatori della Bari, domenica sera quando entrerete nel catino di San Siro per la seconda ed ultima volta (almeno per quest’anno) voltatevi per un attimo verso la curva nord: sapete, è solo da certi sguardi che si intravede l’infinito…


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