Luci a san Siro, luci del Sud

 Articolo per BariLive 28/9/2009


Così, a naso, non abbiamo avuto la stessa percezione del precedente viaggio a San Siro di agosto scorso. No. Transitare da Termoli e da Rimini, passando per la spiaggia di Numana, cullati dall’eurostar, col pensiero fisso nell’altrove scrutando attimi fuggenti dal finestrino, non ha avuto lo stesso significato di quando siamo transitati in occasione di Inter Bari.

A sinistra del finestrino la terraferma, le colline, le vette del Gran Sasso e della Maiella, l’Appennino, il verde e le casupole che cercano il mondo, lo stadio di San Benedetto del Tronto, San Marino, sulla destra l’immagine metaforica della desolazione, di un’estate volta nell’equinozio dell’arrivederci con le sue immense distese vuote di sabbia, con gli ombrelloni chiusi, il cielo terso e il mare incazzato quanto bastava quasi a volerci presagire che quella serata di San Siro avrebbe lasciato spazio a qualche recriminazione.
All’andata era un pullulare di umanità su quei litorali complice il caldo che si faceva sentire, ieri le porte dell’estate aperte dall’autunno sancivano come in una clessidra il tempo, come al solito, imperturbabile che corre come una locomotiva sbuffante portandosi via la stagione appena passata, per dove non si saprà mai. Immagini callimachee che, propedeuticamente, ci hanno avvicinato a Milano con la consapevolezza che, anche questa volta, la libidine venturiana avrebbe lasciato il segno, il secondo.

Le rondini non c’erano più, solo rumore del treno, mezzo per eccellenza di celebri e struggenti addii e di altrettanto celebri e gioiosi arrivi. C’era da riaccendere le luci in quel San Siro che tanti anni fa Roberto Vecchioni cantava rievocando scene milanesi del post boom economico con la seicento e la solita ragazza carina. E il Bari di Ventura le ha riaccese anche se offuscate da errori sotto porta.

Era la prima volta che il Bari doveva dimostrare una reazione dopo una sconfitta, peraltro meritata. Mai, infatti, fino adesso, la squadra di Ventura aveva fatto ricorso a questo tipo di approccio o evenienza. Ed è andata molto bene perché, di fatto, mai il Bari ha veramente subito la pressione di una squadra, sulla carta, nettamente più forte. Quattordici “farabutti” che hanno osato fermare il Milan, contro ogni pronostico, nella sua rincorsa alla prevedibile vittoria che tutto l’ambiente rossonero si attendeva, anche con un pizzico di presunzione.

La solita mezza luna, ormai nostra amica inseparabile, anche ieri sera era bella e luminosa, sembrava osservarci e quasi volerci comunicare che la seconda ed ultima (per quest’anno) serata in riva ai navigli avrebbe contribuito ad accendere le luci a San Siro, stavolta in un tourbillon di emozioni e di gioia strozzata in gola per i quattromila tifosi baresi presenti sugli spalti. Mai, a memoria di tifoso, la squadra della Bari aveva creato tante occasioni gol in uno stadio così prestigioso come quello di San Siro contro una squadra importante come il Milan che avrà avuto pure i suoi problemi, ma che rimane sempre composta da star del calcio mondiale, al momento evidentemente poco brillanti.

Anche contro l’Inter la bilancia pendeva a favore dei nerazzurri e, se proprio vogliamo dirla tutta, questa volta, nonostante l’abisso tecnico tra le due squadre, non crediamo che la bilancia pendesse, poi, molto di più per i milanisti considerato il loro momento-no ma il Bari di quest’anno si è fatto notare, oltre che per il bel gioco espresso anche per aver capito come sfruttare i momenti sfavorevoli degli avversari, purtroppo, non capitalizzandoli al massimo.

Un Bari perfetto sotto il profilo tattico quello messo in campo da Giampi Ventura - ieri sera in sala stampa in un escalation di simpatia che ha contagiato tutti gli addetti ai lavori, locali e non - che è sceso in campo con quattro punte, due centrocampisti e quattro difensori per giocarsela ad armi pari ed anzi, come ormai è nello stile di Ventura, costringendo spesso e volentieri il suo collega Leonardo - ex calciatore, poi colletto bianco, ed oggi prestato per l’occasione alla panchina - a cambiare schema di volta in volta, ovviamente invano. Un Bari deciso a giocarsela alla pari, anzi, a tentare di sbancare il Meazza: veder battere un calcio d’angolo da parte del Milan e accorgersi che Alvarez e Barreto, invece che venire a dar manforte, rimangono tra le maglie di Nesta e di Kaladze, non lascia indifferenti gli addetti ai lavori e didascalizza un po’ il canovaccio dell’incontro.

Una difesa super che ha messo la museruola a Pato, Huntelaar, Ronaldinho e Inzaghi con un Ranocchia autoritario, la cui mossa da karatè contro il Cagliari è solo un ricordo, un Salvatore Masiello, ieri sicuramente il migliore in campo (vita dura per il buon Parisi) avendo annullato Zambrotta, un Andrea Masiello che, sbavatura puntuale a parte, insieme a Bonucci, se l’è cavata egregiamente, ha messo a nudo i problemi dei rossoneri che nemmeno con Pirlo e Ambrosini sono riusciti ad imbastire una trama di gioco degna di nota. Gazzi e Donati, ormai indivisibile coppia centrale, ha garantito la distruzione delle fonti di gioco avversarie ed anche le ripartenze, Alvarez e Rivas che, dribbling a parte, hanno messo in mostra i propri limiti pur infilandosi come burro tra le maglie di Nesta & C. mentre Barreto e Kutuzov hanno dialogato bene ma senza consecutio temporum e nemmeno perifrastica. I tifosi baresi hanno lasciato lo stadio con l’amaro in bocca per le tante, troppe, occasioni mancate: Rivas che, ormai, quando gioca a San Siro è in perenne vertenza col gol (ha ragione Ventura…), Alvarez, Kutuzov, Barreto, Bonucci e, dulcis in fundo, il solito Meggiorini sono gli artefici dell’abbuffata sotto rete di gol mancati che, ci auguriamo, non debbano pesare nell’economia del torneo. E pensare che sarebbe bastato un golletto solo per accontentare tutti, anche quelli del Milan che hanno ammesso la superiorità del Bari.

Leonardo in sala stampa non ha cercato scuse: piccolo Milan a causa di un grande Bari che l’ha messo in difficoltà, Ventura di rimando, fa le spallucce e ricorda che tra Palermo e le due trasferte a Milano mancano sei punti ma che, tutto sommato, un punto a Milano contro i rossoneri è pur sempre un risultato eccellente atteso che quella del Bari è una neo promossa. Sarà pure vero ma chissà quando ricapiteranno 8 occasioni nitide da gol in un campo come questo.

Ieri c’erano Barton e Mora ma, ahinoi, Berlusconi non c’era: è inutile, da qualche tempo, ogni qualvolta percepisce aria barese, il miglior presidente degli ultimi 150 anni (ma anche 500), ha sempre qualcosa di più importante da fare. Strano però. E pensare che lo abbiamo sempre visto accomodato insieme al suo fido Galliani in ogni uscita rossonera, anche contro il Licata in coppa Italia 15 anni fa e ieri, guarda caso, mancava. Forse qualche 007, insospettito da troppe bionde ai cancelli dello stadio, gli avrà consigliato il solito impegno diplomatico, magari ad un improvviso funerale o ad un inaspettato matrimonio in Calabria. Peccato, oltre a chiedergli un paio di cosette, avremmo voluto stringergli la mano, magari a debita distanza non si sa mai, anche se abbiamo notato che pure a Milano le boccettine di amuchina sono ormai un miraggio.

Infine una connotazione emotiva. Nel ventre di San Siro a fine gara, nel corridoio verso la sala stampa, la mente è andata inevitabilmente al passato pensando a quanti personaggi avranno calpestato quel percorso, da Rivera a Mazzola, da Gianni Brera a Beppe Viola, da Schellinger a Herrera. Arrivederci Milano e con te, arrivederci luna. All’anno prossimo.

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