Atalanta - Bari

Editoriale per BariLive 8/2/2010

Obbligati a catapultarci, ormai, con un pizzico di sana, e a volte anche inquietante, nostalgia in un’altra costellazione, siamo giunti a “Berghem” lasciandoci scrutare dalla nostra consueta compagna di viaggio (mezza)luna con occhi diversi per questa ennesima trasferta in terra lombarda che, a differenza delle precedenti accarezzate da un clima estivo dove i ceri alla Madunina di Piazza Duomo che abbiamo acceso sono stati miracolosi, ci hanno solo relativamente fatto soffrire il freddo: una città che a vederla e a percepirla tutto ci è sembrata fuorché “lumbard” ci ha offerto momenti di struggente pathos per gli istanti carnascialeschi (e come non poteva esserlo nella patria di Arlecchino?) catturati, con i contorni storici di quelle mura che cingono la splendida “Berghem de Sura” raggiunta in funivia, addobbata da edifici pregni di storia e, ahinoi, solo intravisti come dal finestrino di un eurostar che corre a 200 all’ora le cui mancate visite gridano ancora vendetta. In un cielo freddo ma stellato come non mai, dove il traffico aereo sembra paradossalmente pari a quello di Fiumicino e di Malpensa messi insieme, in un aeroporto che è sicuramente sproporzionato alla reale ricettività con un vero e proprio formicaio e pecoraio umano nei ceck-in (tanto che lo abbiamo ribattezzato, più che Orio al Serio, Delirio al Serio), si è ancora tinto di colori locali, stavolta nerazzurri. Siamo alle solite, ormai non fa più notizia. Solito ottimo primo tempo, consueta razione di gol sbagliati senza, stavolta, l’ausilio di Alvarez che, ormai abbiamo capito, una partita la azzecca ed altre 28 no risultando persino irritante talvolta, per poi subire la pressione avversaria che, senza costruire memorabili occasioni gol (vuoi per la scarsezza avversaria, vuoi per la difesa biancorossa che, nonostante tutto, rimane uno dei reparti più affidabili), capitalizza al massimo la sua unica vera occasione gol, stavolta griffata “Salento” a causa della sinergia tra Chevanton e Tiribocchi (chissà se l’avevano studiata a tavolino…) e castiga il Bari.
Un film già visto, nessuna mano tra i capelli, ne avremmo di episodi simili da raccontare. Lo avevamo scritto tempo fa (e scusate la presunzione): questa tipologia di sconfitte è per noi un deja-vu anche se, guardando le gesta dei soldati di Ventura, ci eravamo illusi che quel periodo in cui il Bari dominava e poi perdeva sistematicamente, era, almeno per il momento, messo alle spalle e che finalmente un nuovo Bari, inteso come momento epocale e non come rosa, era sorto dalle ceneri della Waterloo di un triste Natale di un tre anni fa. Ed invece no, il Bari è tornato ad essere una squadra normale, la solita squadra, incapace di imporre il proprio gioco o di imporlo (senza fruttarlo) per un tempo e assolutamente capace di farsi del male con un solo tiro in porta. Abbiamo provato a capirne le cause anche se non abbiamo la certezza: “Berghem de Sota” (Bergamo bassa) oltre che bella è anche superba coi suoi palazzi rinascimentali che fanno un po’ il verso a Genova, superba come, forse, qualche giocatore del Bari che, probabilmente, si sente appagato. E già, perché, confortati anche dalla decodificazione di certe parole di Giampiero Ventura (alle volte dovessero, i soliti 4 sciocchi provocatori arroganti, accusarci di esprimere con troppa licenziosità le nostre idee che, sistematicamente, non sono in sintonia con le loro), sembrerebbe davvero che abbia fatto capolino nello spogliatoio quel pizzico di appagamento che solo danni potrà causare: forse certi giocatori dimenticano che calpestano i terreni di A per la prima volta e, pertanto, avrebbero tutto l’interesse a proseguire la passerella senza dimenticare di mostrare umiltà. V’è senza dubbio una pericolosa involuzione tecnico tattica ed anche, temiamo, psicologica. E’ dal primo novembre che il Bari (Sampdoria) non fa punti fuori casa convincendo e, diciamocelo con tutta onestà, aver preso due punti a San Siro con squadre in rodaggio (provassero ad incontrarle adesso a Milano…), con una vittoria a Verona, sponda Chievo, con due pareggi troppo “larghi” a Palermo e a Genova, versante Genoa, e una vittoria mancata, appunto, nel versante blucerchiato (che, una tantum, pure ci sta), è troppo poco per una squadra che comincia ad intravedere la possibilità di imbarcarsi sui voli internazionali piuttosto che su quelli nazionali, non ne parliamo per poter parlare di salvezza: pochissimo il bottino di viaggio. Forse è da individuare nello sterile apporto che sta dando il nuovo arrivato Castillo che, almeno per il momento, da l’impressione di non essere di granché d’aiuto, magari a maggio o l’anno prossimo si, chissà, un po’ come per Kutuzov l’anno scorso che, si ricorderà, una volta arrivato, cominciò a “dare una mano” solo da aprile in poi per poi rendersi insostituibile e necessario quest’anno. Di Sestu preferiamo astenerci nel giudizio che, volentieri, rimandiamo più in la. Dei soliti ragazzetti austro-ungarici presi per cuocerli nel forno della Primavera per poi uscirli, chissà, belli e profumati col rosmarino e servirli alla prima squadra un giorno, anche. Sicuramente le assenze di Ranocchia, Kutuzov e Parisi incidono parecchio non foss’altro perché almeno questi ultimi due garantivano esperienza e peso specifico in campo anche al cospetto dei giovani come Ranocchia che si sentivano più tutelati tanto che si stavano comportando benissimo. Di Alvarez abbiamo già detto e ribadiamo che, nonostante garantisca profondità e le solite cose inutili, non risulta efficace. Forse sarebbe il caso di rispolverare Stellini e lasciare Gazzi definitivamente al posto di un Donati diventato, ormai, oggetto misterioso tanto che sembra imploso su se stesso. E niente scuse per cui ieri, forse, era emozionato: sono tre mesi che è in caduta libera, guarda un po’, proprio da quando lo è anche la squadra. Solo una combinazione?
Ieri su Bergamo aleggiava il fantasma di Conte: chissà come sarebbe andata con lui al posto dell’umile Mutti, che ha saputo leggere la partita bloccando le fasce ed anzi, costringendo i nostri esterni bassi a marcare Bellini e Garics (e spesso anche Valdes), vere spine nel fianco dei due Masiello i quali nulla hanno potuto per fermarli. La storia insegna che col bel gioco, con la giocata sopraffina, con il tacco di Barreto e le finte di Meggiorini, con 25 gol del capocannoniere Protti, non si va da nessuna parte, anzi, si può persino retrocedere. Per questo crediamo che occorreva più che altro sostituire esperienza con esperienza, possibilmente non arrugginita, perché se si chiama un Edusei o un Lanzafame a mezzo servizio, in serie B, al cospetto di Sassuolo, Cittadella ed Albinoleffe, tutto sommato, con la caratura che ci si ritrova, con Conte e con Barreto, si riesce comunque a sopperire ed anzi, a stravincere il campionato, ma in A occorre ben altro, diciamo quanto meno un omologo di “Guberti” e non il solito Vignaroli travestito da Castillo che, ne siamo certi, il suo gol, forse due, li farà pure fino a fine anno ma non garantirà quel peso specifico in termini di esperienza, quello che ci vuole per spazzare via il pallone in tribuna piuttosto che avventurarsi in dribbling in area di rigore, quello necessario a salvarsi. Nonostante ci si chiami Bonucci con le valigie in mano. E se una pressione tambureggiante avviene da parte di una squadra che, prima della partita, aveva la metà dei punti del Bari, beh, qualcosa deve pur voler dire. E siamo sempre li: loro, pur essendo penultimi, avevano in squadra Doni, Chevanton, Tiribocchi, Valdes, Amoruso che sarà pure un giocatore in declino ma che è sicuramente un giocatore di forte personalità, di Manfredini, Talamonti ecc, tutta gente di esperienza che, contro di noi, squadra brillante, che tutta l’Italia parla, che diverte come al Luna Park dell’Expo Levante, incensata ovunque di complimenti, ha sempre la meglio perché tra le nostre fila, vuoi per colpe, vuoi per casualità, manca l’intelaiatura di esperienza che avrebbe potuto fare la differenza e se c’è, al momento indossa una maschera di invisibilità, una maschera come quella di Arlecchino che ieri corteggiava la sua Brighella. Certo, dieci punti dalla terz’ultima sono ancora un buon margine di garanzia, ma se pensiamo che si dovrà andare ancora a Catania, a Siena e a Livorno… non c’è da dormire sereni. E se tanto mi da tanto, ovvero se al cospetto di squadre più o meno simili come il Bologna e l’Atalanta che pur vincendo meritatamente perché hanno saputo pressare, non hanno mai impensierito più di tanto Gillet, fa riflettere. Si potrà andare avanti col gol di Barreto che diventa, magari, capocannoniere e con le solite parate salvagol di Gillet? Nell’attesa di risposte, nel dubbio, ieri sera ci siamo rintanati in una eccellente trattoria lasciandoci consolare da dell’ottimo Formai de mut (che non è una bestemmia in dialetto barese...), dal Bitto e dal mitico Branzi, sorseggiando un Marzemino Gentile niente male. Arrivederci Berghem.
Massimo Longo

Nessun commento:

Posta un commento