Bari Calcio, cala il sipario

Editoriale per BariLive 17/5/2010

Bari Calcio, cala il sipario
Una nube vigliacca nel cielo e i sogni ancora nel cassetto

 
Quel gol di Rivas un secondo prima della fine della gara che ha fatto il verso a quello d’esordio di Kutuzov a San Siro, un trenino gioiosamente malinconico, quella maglia con tanto di cuore apotropaico biancorosso di Almiron mostrato quasi con rassegnazione quando è stato sostituito come a voler dire “ragazzi, io rimarrei pure…”, il giro di campo dei giocatori che ringraziano i tifosi per il loro fiato costante mai mancato durante l’anno, due curve che parlavano da sole, la nord naturalmente ottimista e attendista con la solita spettacolarità degli striscioni quasi a voler significare che tutto va bene, la sud contaminata di viola e da qualche bandiera sarcastica dell’Europa sventolata al Presidente in segno di civile protesta, e quell’odore bastardo sprigionato da una nube probabilmente vigliacca appena diradatasi nel cielo di Bari, una nube nemica del progresso e della crescita cittadina che non è riuscita a farci gioire per il risultato e che oscurato un po’ tutto il film di un torneo vissuto da noi con grande intensità emotiva: queste le istantanee catturate ieri al San Nicola.

Vaghe analogie nella squadra: un giocattolo da comporre come un pupazzetto in plastica trovato nell’uovo di Pasqua di tre anni fa, tanto faticosamente assemblato e misteriosamente decapitato per volere della società. Insomma, come la fai e la fai, quando finalmente sembrano aprirsi spiragli di crescita anche nel calcio, ecco che subito si provvede ad oscurarli. I misteri di Bari e del Bari. Ed è un peccato perché con le certezze di oggi si sarebbe potuto davvero spiccare il volo, ed invece no. Occorre ricominciare pressoché da zero con le solite scommesse anche perché, ormai, pur volendo ostentare ottimismo sarà dura trattenere Almiron: occorre davvero una barca di soldi. Così come Barreto e forse qualche altro pezzo pregiato. Matarrese, ieri, ha dichiarato che esiste una programmazione tranquillizzando un po’ la maggior parte dei tifosi presi dallo sconforto nonostante l’ottimo torneo, tifosi delusi dall’addio di Perinetti vero e proprio uomo della rinascita biancorossa.

Ma ci perdoneranno costoro: la parola “programmazione” in 33 anni, sebbene ascoltata più volte, di fatto non ha mai avuto riscontri. E se il presidente cita quella parola vuol dire automaticamente che è disposto a sborsare molti soldi, moltissimi, perché programmare, al nostro paese, vuol dire come minimo trattenere i due succitati e non, invece, sostituirli con altri che pure potrebbero fare meglio ma che di fatto non garantiscono la continuità, la certezza. Si ritornerebbe nell’improvvisazione, all’incerto. Dunque quella parola, se permettete, noi che di “matarresità” ne capiamo qualcosa in più di altri, la prenderemmo con le pinze. Fermo restando che tutto può essere, ci mancherebbe, anche che il presidente, di colpo, possa improvvisamente decidere (finalmente) di investire ma soprattutto capire che la città lo ripagherebbe alla grande. Il calcio è bello perché è imprevedibile però è innegabile che certi recenti segnali non ci conducono a scrutare orizzonti nitidi. Vorremmo tanto essere smentiti. Viviamo anche per quello.

E’ doveroso ringraziare i ragazzi, tutti, ma soprattutto Giampiero Ventura, veri artefici di questo campionato entusiasmante. Il suo posto sulla panchina limitrofa a quella di Ventura & C. era malinconicamente vuota, particolare che forse ai più è sfuggito ma si sa l’ingratitudine umana è più grande della misericordia di dio. E nemmeno il suo celebre borsalino era li ad occuparne il posto. Eppure nel tripudio del San Nicola a fine gara, mentre Masiello ed Almiron guidavano come impazziti di gioia la macchina elettrica che porta via i giocatori infortunati, il nostro pensiero è andato soprattutto a Giorgio Perinetti perché se festa doveva essere, era impossibile dimenticarlo.

Non era importante ai fini della classifica quella di oggi la partita con la Fiorentina se non, quanto meno, per vendicare la sconfitta dell’andata, vera e propria partita chiave per il Bari: se avesse vinto avrebbe raggiunto il quinto posto e le prospettive avrebbero potuto prendere pieghe diverse. L’infortunio di Ranocchia, l’espulsione di Almiron, quel palo di Meggiorini che ancora sta tremando e le solite quattro occasioni sprecate da qualcuno hanno dato il “la” alla rimonta gigliata conclusasi con il biscottino di Castillo. Un deja-vu per noi che ne abbiamo viste tante.
Ci sarebbe poco da dire sulla partita se non che la squadra ha sfoderato una prestazione convincente, quasi volesse e dovesse giocare per un obiettivo: e forse è proprio questo che ci fa rabbia soprattutto se pensiamo ad alcune partire - due in particolare - Siena e Livorno, dove se solo avesse osato di più a quest’ora la squadra, chissà… Ma tant’è. Evidentemente non c’era volontà di andare in Europa, come ammesso, d'altronde, anche dallo stesso Amministratore Delegato del Bari in occasione di un suo intervento in TV a causa della mancanza del denaro giusto. Peccato però, perché se il Bari ha impostato la sua gestione vivendo di “attimi” più o meno fuggenti oraziani, a questo punto non vediamo perché non si sarebbe dovuto quanto meno provare.
Si chiude un torneo vissuto intensamente, iniziato sotto le luci di San Siro con una luna illusoria e un sole vigliacco dagli occhi vagamente celesti intrepidi e fasulli a farci compagnia, con tanta voglia di stupire e soprattutto di smentire i bookmakers inglesi che ci vedevano già retrocessi sin da Ridanna. Fortuna che nel corso del torneo la luna ingannatrice si è eclissata e con essa anche il sole, probabilmente intenti ad ascoltare “Alice” di De Gregori, lasciandoci in solitudine per riprendere il sorriso e soddisfarci del cammino della squadra quasi a voler dire che, finalmente, era giunto il tempo della vita sia pur con mille pensieri. Siamo degli inguaribili sognatori e chi sogna parte vincitore sin dall’inizio ma soprattutto non si arrende mai. Tanti i momenti da mettere nel forziere dei ricordi di quest’anno sperando iddio che nessuno li porti via. Ma soprattutto speriamo che si possano bissare. La squadra ha dimostrato di avere un’anima e che, come diceva Ventura, se solo “vuole può”: e ci sembra che la squadra, quando lo ha “voluto”, ha “potuto” alla grande. Perché, dunque, non osare di più? Infondo basta poco per essere ripagati. Anche nel calcio, infondo, basta poco: “la felicità è solo la tristezza che fa le capriole”. Basta appena un centimetro, a volte, per cambiare la traiettoria di un rigore, così come basta la conferma di due giocatori per far tornare il sorriso sul volto dei tifosi così da sentirsi meno lontani. Del resto è la semplice distanza tra uno stupido pallone, 22 gambe impazzite che la prendono a calci, e uno spalto tinto di biancorosso che sancisce l’accesso al paradiso. O nell’inferno degli incendi di chi non vuol far crescere Bari. Coraggio Presidente. E dal Messico, ci porti un bel sombrero oltre che una bottiglia di tequila: ci serviranno per ripararci dalle insidie del sole fasullo e per bere per dimenticare lune ingannatrici.
Massimo Longo

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