Barreto, tra mitologia e meditazione

Editoriale per BariLive 28/2/2010
Una delle cause della debacle è da ricercare nel tradimento di alcuni giocatori più dediti a scorazzare con auto di lusso per la movida barese che agli allenamenti  
Barreto, tra mitologia e meditazione 
Ma niente paura: il momento no passerà molto presto

Lo confessiamo: arrivando fin quaggiù, dopo un viaggio ai confini dell’inferno (e ritorno) attraversando una strada che, storicamente, tutto sembra fuorché autostrada, non abbiamo percepito presagi positivi. Sentivamo che questa di Catania non sarebbe stata la partita della rinascita, quella che avrebbe dato la spinta definitiva al ciclo negativo, no. Lo abbiamo percepito soprattutto mentre attraversavamo lo stretto di Messina, con l’immancabile Caronte (mai nome fu così azzeccato) e con l’idea malvagia che quel tratto di mare sarebbe stato ricoperto da inutili e dannose tonnellate di cemento armato. 

Guardando in lontananza l’Etna innevato a sfiorare il cielo bellissimo siciliano man mano che ci avvicinavamo al capoluogo etneo, complice anche il nostro fedele Battiato a tingere l’atmosfera musicale in auto, quasi ci è sembrato che lo stesso vulcano sputasse massi e lava incandescente sulle “giubbe” biancorosse di Ventura. E, difatti, sempre a proposito di Battiato, “come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando o come uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina affamati” si sono abbattuti sulla squadra di Matarrese quattro gol di cui avevamo perso il ricordo.

Una sincera “stranizza d’amuri”: dopo una sconfitta di tali proporzioni, trainata da altre consecutive, la prima cosa che viene in mente è quella di abbandonare tutto e pensare ad altro, per esempio lasciarsi accarezzare dal barocco e tuffarsi nella mitologia. E a Catania le atmosfere per distrarsi ce n’erano eccome. Ci perdonino i malvagi e coloro i quali si sentono padrieterni ma noi, che oltre ad essere dei vecchi romanticoni del calcio (e non solo del calcio) - a differenza loro - siamo immuni come quelli che hanno già contratto l’epatite dopo una mangiata di cozze crude, avendone viste tante di queste disfatte, tutto abbiamo pensato fuorché di abbandonare la squadra, anzi, ce ne siamo ancor di più innamorati quasi fosse una eterna fidanzata su cui si sono abbattute sciare di menzogne e cattiverie, una fidanzata che, almeno lei, non ci tradirà mai e che mai come adesso necessita del nostro amore.

Lo abbiamo scritto la settimana scorsa all’indomani della terza sconfitta col Milan, lo ribadiamo adesso: doveva arrivare un momento-no, era fisiologico, lo è sempre stato per tutte le squadre da quando esiste il calcio, è arrivato al Bari dopo un inizio di stagione in cui ha fatto sognare i tifosi e riteniamo che l’essere giunto a febbraio, a cavallo di marzo, quando mezza squadra è ancora out a causa dei noti infortuni, sia paradossalmente un bene perché lo stesso periodo-no non può durare all’infinito. C’è tempo per recuperare e per poter tirare lo sprint salvezza nel corso di queste ultime partite magari utilizzando qualche giocatore di peso nel frattempo recuperato. Siamo certi che la nostra eterna fidanzata risalirà la china.

Un 4-0 che ci ha fatto tornare alla mente fantasmi di certe prestazioni imbarazzanti che credevamo aver rimosso dalla mente ma, per la serie nella vita mai dire mai, li abbiamo rivisti attraversare Via Etnea, freneticamente bella più che mai che quasi divide in due, con una spada, la città, giungere in Piazza Duomo e sovrastare il celebre elefante (il “liotru”) e sbandierare i loro vessilli rossoazzurri. Una sconfitta parente stretta dei tempi in cui i biancorossi si lasciavano, colpevolmente, prendere a cazzotti dappertutto in B ma stavolta non tragga in inganno il roboante lavico risultato: sempre sospinti dai versi di Battiato, dal momento che è proprio da certi sguardi che si intravede l’infinito, e con la mente alla terapeutica Waterloo natalizia griffata Lecce di qualche anno fa, abbiamo interpretato la prestazione degli uomini di Ventura tutt’altro che negativa, anzi come un buon presagio. Abbiamo intravisto un Bari diverso, un Bari reattivo, capace di imbastire trame di gioco anche se spesso approssimative e con qualche errore singolo di troppo, un Bari vivace soprattutto dopo l’ingresso di Rivas, un Bari capace di procurarsi 7-8 palle gol purtroppo andate a male, rigore (puntuale) sbagliato a parte. Abbiamo visto, finalmente, un Castillo in progress, e un Almiron in netta ripresa, dunque pensiamo che da adesso in poi, con l’innesto imminente del nostro amico Parisi che quanto ad esperienza non è secondo a nessuno oltre che a bravura, la squadra di Ventura saprà rialzarsi dalla sciara che lo ha travolto.

Per contro abbiamo intravisto una squadra col solito debito di ossigeno soprattutto osservando Bonucci al quale, a questo punto, visto che con Alvarez sta tirando il carro dall’inizio, occorrerebbe un terapeutico periodo di riposo affinché, anche lui, possa ritrovare quell’alba dentro l’imbrunire fondamentale per racimolare alla svelta i punti necessari alla salvezza.
Non vogliamo credere che la causa del periodo-no sia dovuta all’assenza di Ranocchia in difesa: l’umbro è un giocatore bravo, forte, e con la testa sulle spalle, senza maserati sfreccianti in piazza ferrarese: a giugno, come nelle previsioni, ci dovrà lasciare per lidi più prestigiosi, ma non possiamo credere che venendo meno lui, sia venuto meno l’equilibrio in difesa anche perché, tutto sommato, l’impressione è che, bene o male, quel reparto sia sempre uno dei più affidabili.

Noi, anticonformisti per natura, e ghettizzati (per fortuna aggiungiamo) dal potere becero di quattro faccendieri presuntuosi ignoranti e arroganti che si credono padrieterni ed invece sono solo piccoli uomini travestiti da graduati con le stellette, invidiosi della libertà di taluni e opportunamente incapaci di interpretare il pensiero altrui, preferendo sederci dalla parte del torto in quanto gli altri sono perennemente occupati dai loro servi, crediamo di poter affermare con certezza che una (e ripetiamo una) delle cause della debacle biancorossa sia da ricercarsi dal tradimento di alcuni giocatori che, contravvenendo alle regole della più logica community, si siano un po’ troppo lasciati andare, forse montandosi la testa, non facendo gruppo, e pensando più che altro a scorazzare con auto di lusso per la movida barese. Si, pensiamo proprio a lui, a Langella, il cui valore non si discute, intendiamoci, e che insieme a Kamata (ma con altre motivazioni), abbia un po’ tradito il credo di Ventura perché non è possibile che un giocatore dal peso specifico incidente come quello dell’ex cagliaritano, un giocatore strapagato, debba fare l’anarchico. Non osiamo immaginare cosa sarebbe stato il Bari con gente d’esperienza come Almiron, Langella e Donati, preso però dopo un periodo di riposo e non a campionato inglese iniziato: probabilmente molti di quei punti persi tra la Via Emilia, la Val Camonica e gli Appennini toscani si sarebbero potuti recuperare. Non abbiamo riscontri ma, a pelle, crediamo che questa sia una delle concause.


Dunque, niente drammi per favore. Comprendiamo la delusione dei tifosi e lo stato quasi depressivo secernente dalle bacheche di facebook ma niente prozac, è inutile. E’ che storicamente dai diamanti non nasce niente, ma è dal letame che nascono i fiori, ne abbiamo prova. Siamo convinti che presto, molto presto, il Bari rialzerà la china e Mister Ventura, che di esperienza ne ha da vendere, saprà trovare la ricetta giusta.

Ieri sera, davanti ad uno dei mille chioschi celebri punti di incontro della gens catanese da sempre, al cospetto di suoni di campane che hanno accarezzato immagini barocche, tra i vicoli pullulanti di gente felice, orgogliosa di essere siciliana, gente disponibilissima, sicuramente più di noi baresi (lo abbiamo constatato personalmente), abbiamo provato a parlare con qualcuno di loro e, ascoltandone le loro tenere parole, son sembrati convinti che quella vittoria così eclatante fosse si strameritata ma più che altro casuale e che vincere così facilmente sarà dura per loro.

E noi che preferiamo vedere “l’altra parte del calcio” ci siamo lasciati cullare dalle loro parole, dalle atmosfere barocche e dall’incanto dei nobili palazzi tracimanti di storia con immagini di un passato che, da queste parti, ha visto transitare un po’ tutte le popolazioni complici anche un cielo limpido con una temperatura più che primaverile tanto da volerci far coinvolgere dalla loro tenerezza.

Tornati in albergo e osservando attraverso le zanzariere della nostra finestra, ci è apparso uno scorcio, forse, tra i più belli che Catania potesse offrire, con un campanile appena illuminato ad esaltarne lo stile, abbiamo subito pensato che era il momento di lasciarci consolare, come da tradizione, con un piatto di pasta alla Norma e, perché no, anche con due linguine ai ricci che anche da queste parti sono eccellenti, forse più di quelli della Forcatella e di Polignano, anzi, sicuramente.

Dopo ci siamo spostati sul mare sedendoci su uno scoglio di pietra lavica a meditare e ad ascoltare il silenzio svuotando ogni pensiero rumoroso che questa sconfitta ci ha provocato scrutando in lontananza tracce di un passato mitologico pensando a Barreto e al suo ennesimo rigore sbagliato, alla fiera malinconia di Belmonte, ad Ulisse che proprio qui fece scalo e a Polifemo che gli lanciava faraglioni a go-go orbo all’unico occhio trafitto dall’ira del navigatore, quasi fossimo tutti in compagnia a stemperare una situazione pesante, magari con la supervisione di Omero: una lode all’inviolato con un suono di un’arpa eolica che d’incanto quasi si è materializzata dal mare quasi a significarci che, infondo, la storia è importante, senza della quale non c’è presente e futuro. Dunque avanti Bari, è stato solo un capitolo aggiuntivo dell’Odissea.
Massimo Longo

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