Ora il Bari deve reagire

Editoriale per BariLive 22/2/2010
Assente la luna al San Nicola, quella perfida, che con l’inganno faceva l’occhiolino alla squadra: ora è venuta fuori la vera identità 
Ora il Bari deve reagire
Perdere col Milan ci sta: preoccupante la condizione fisica dei biancorossi 



Niente drammi. Perdere col Milan ci sta, ci deve stare per una neopromossa che, dopo un periodo magico trainato, soprattutto, dall’inerzia dell’opera di Conte e plasmato ad hoc dal mitico Ventura, sta vivendo un fisiologico momento di stanca.

Non c’era più, fortunatamente, la luna ieri al San Nicola, quella luna perfida che con l’inganno faceva l’occhiolino alla squadra e grazie alla sua assenza è venuta fuori la vera identità della squadra che, per chi non lo avesse capito, è quella che va sotto il nome solo ed esclusivamente di “salvezza” e non di sogni effimeri, come quelli dell’illusione, quelli insiti nelle persone vacue che, ad esempio, non riuscendo a trovare un partner perché allontanati da tutti per le loro caratteristiche, cercano il loro Apollo dagli occhi celesti nel mondo virtuale.

Era un Bari condizionato da qualche assenza di troppo anche se l’impressione è stata quella che, a prescindere, non fosse il solito Bari, quello che comunque, pur non vincendo, convinceva. Che differenze tra il Bari dell’andata e questo. Del resto si sapeva: all’inizio è sempre così, si riscuote in genere l’obolo dell’entusiasmo proveniente da una storica promozione approfittando anche della ruggine dei cosiddetti squadroni che, ad agosto-settembre, sono in pieno rodaggio.

E pensare che, tutto sommato, ci è andata pure bene perché, ad eccezione del Chievo, laggiù, nessuna ha fatto punti quindi tutto sommato si è trattato di una sconfitta indolore peraltro, come già detto, ampiamente prevista. Ad un Milan che ha giocato in surplace, senza strafare, anche per dosare le forze visti gli impegni europei passati e futuri, e che ha vinto con pieno merito, si è contrapposto un Bari avulso, privo di idee, scialbo, senza quei 5 titolari fondamentali, un po’ prevedibile nel gioco (ormai è diventata, ci spiace dirlo, abbordabile per tutte) e assolutamente scarico rispetto ad altre prestazioni peraltro lontane, ormai anni luce.

Si è visto un Bari che faceva fatica a ripartire, stanco, quasi fossero, i loro giocatori, statuette del subbuteo e, ci dispiace ribadirlo ancora una volta anche se siamo stati i primi ad accorgercene e poi, come prevedibile, ribadito da tutti tardivamente, con Donati portabandiera che, ormai, si vede da un milione di chilometri che passeggia come un automa in cerca non si sa bene di cosa, pur con le solite attenuanti per cui non si ferma un attimo dall’anno scorso e bla bla bla. Non vogliamo parlare dei singoli, come siamo abituati, dunque nessun giudizio su Rivas, Alvarez, Meggiorini (peraltro infortunatosi, dal momento che in infermeria ci sono posti a volontà) & C., ma è il calo fisico che preoccupa su tutto, ancorché le assenze. Non siamo allenatori e né ci permettiamo di dare consigli all’ottimo Mister Ventura, nostro amico, anche perché, parliamoci chiaro, la salvezza è lì a due passi e non bisogna lasciarsi vincere dall’ansia, ma a questo punto occorre pescare alternative anche a costo che queste debbano rispondere al nome di De Vezze o quel giovane ungherese dal nome impronunziabile: Ennyanaya e Cassano non vi ricordano nulla? Qualcuno ebbe il coraggio di rischiarli e andò come andò. Ma quel Donati lì (insieme a quello Sforzini ieri assolutamente inadeguato), proprio, non riusciamo a comprenderlo: bisogna avere il coraggio di farlo accomodare in panchina non foss’altro per rifiatare anche perché, con lui in campo, si regala un giocatore all’avversario.

Poi il mercato. Lo diciamo da sempre, chi ci legge lo sa anche se ci inimichiamo qualcuno invidioso: ma prendere due giocatori arrugginiti, rotti, a corto di fiato, che senso ha? Quale contributo alla salvezza possono dare? Messo e non concesso che, prima o poi, si riprenderanno, a cosa serve un loro apporto solo ad aprile o, peggio, a maggio? Comprendiamo che a gennaio la merce buona sulle bancarelle del mercato milanese è rara ma quei due acquisti, Pisano e Castillo, proprio, non riusciamo ad inquadrarli in questo contesto senza nulla togliere ai due che pure saranno giocatori validi. E poi ci si lamenta perchè il Bari ha le pedine contate…

Ronaldino e Pato giocavano come volevano, Pirlo, Ambrosini, Borriello anche, e a volte, le loro giocate, ci son sembrate come delle pennellate di Giotto disegnate sulla tavolozza verde del San Nicola o come lo scalpello di Michelangelo sferzate su un busto marmoreo da esporre in qualche cappella sistina. E’ stato, se vogliamo, anche un piacere vederli giocare, giusto per farci ricordare che noi siamo il Bari, loro il Milan. Non ci sembra che abbiano faticato, poi, così tanto per portare via i tre punti, acrobazia balistica a parte griffata Ronaldino&Borriello che, forse, è valso il solo biglietto, ingenuità di Bonucci inclusa che ha lasciato solo l’attaccante: ma in serie A per una neopromossa e soprattutto se l’attore è un giovane, ci sta pure, Bonucci non è mica Nesta o Cannavaro (10 anni fa).

Ogni squadra, nell’anno, passa attraverso un momento negativo e noi, senza cinismo, anche se siamo certi che alcuni ci fraintenderanno (inevitabile, visto che non tutti hanno capacità di interpretazione) confessiamo soprattutto per il bene della squadra e per i suoi obiettivi, che quasi speravamo che ieri perdesse il Bari (approfittando del coefficiente di difficoltà) perché se il “momento negativo” doveva arrivare, era bene che si facesse vivo adesso con la terza sconfitta consecutiva e con l’ennesima prestazione incolore, dal momento che il tempo per recuperare c’è: immaginate cosa sarebbe stato se il momento negativo sarebbe arrivato a fine aprile o a maggio quando non ci sarebbe stato più tempo. E se nel momento negativo, paradossalmente, dovesse entrarci pure una eventuale sconfitta a Catania – ripetiamo, paradossalmente - che ben venga: perché siamo certi che, una volta recuperato Almiron al 100% e qualche altro, il Bari riprenderà a correre anche perché molte squadre saranno a corto di fiato, e allora sarà salvezza certa, in attesa di… tempi migliori. Naturalmente, giusto per spiegarci meglio verso i soliti quattro a cui ci rivolgiamo ogni volta, i soliti quattro prevenuti e duri di comprendonio che leggono a modo loro le nostre parole, ci auguriamo che il momento nero sia finito ieri e si cominci a camminare già alle pendici dell’Etna, ma si sa a volte è meglio rivolgerci al vento o ai muri, loro ci capiscono ad occhi chiusi.

Nessuno vuole aprire processi, i tifosi ci sono, le cornici di pubblico pure, in trasferta la squadra di Ventura è seguitissima ed è sempre una festa per chi lo segue (e chi se le perde, magari, preferendo tradire, non sa cosa si perde), esce tra gli applausi, anche in casa, dunque il giocattolo funziona anche quando perde, ed è su questa constatazione che bisogna andare avanti e credere che è solo questione di tempo. C’è un tempo per ridere, uno per piangere, un altro per sorbire cattiverie, ingiustizie, un altro per riflettere ed un, forse il più importante, per reagire. Ecco, questo è il tempo di reagire, sorridere alla vita e a Gillet & C. anche nei momenti prevedibilmente difficili come questo.

Lo scriviamo perché percepiamo una paura sacrosanta nella tifoseria, per i tifosi che vorrebbero vivere una serie A più serena e il più a lungo possibile senza dipendere dall’esito economico di quattro case, peraltro orribili, venute giù. Occorre una programmazione, occorre uscire i soldi, per dirla terra terra, e non tanti, ma quanto basta per assicurarsi un futuro tranquillo senza mendicare qua e la perché, oltre a non essere dignitoso, è anche rischioso perché se si pesca nel mucchio, alla fine, un Siligardi, un Volpato o, perché no, un Castillo prima o poi te lo ritrovi davanti. E Perinetti, ne siamo certi, è anche stanco oltre che seccato, di andare a bussare elemosina qua e la. Un direttore sportivo del suo calibro, ambito da tutta la serie A che gli farebbe ponti d’oro (ma anche d’argento), deve essere messo in condizioni di operare con qualche soldino in più e non con la solita pizza e birra. Sarebbe davvero un peccato e forse, anche la fine della favola, se la società sottovalutasse questa opportunità, in tandem con il navigato Ventura. Della serie: se con quattro centesimi il Bari si è salvato tre anni fa recuperando da una retrocessione certa, se l’anno scorso ha maramaldeggiato in B e quest’anno si salva, perché non tentare di riempirgli il portafogli non di oro ma anche di qualche altro metallo, magari, meno nobile? Crediamo che basti per assicurarsi molti anni la A.

Il Bari di Ventura non tradisce, non è come quelle povere maledette ammaliatrici che, una volta individuata la preda, la fanno propria con l’inganno perchè incapaci di mostrare il loro vero volto e che, vedendosi scoperte per il loro passato torbido tenuto opportunamente nascosto, la lasciano per sempre per tentare, come le sirene di Ulisse, di cercare di ammaliarne un altro e che, una volta individuato, vigliaccamente, si coalizza per far fuori il precedente (e magari ci riuscisse…). No. Il Bari è una fede, non si discute mai e né mai si tradisce, tutt’al più si critica, la si deve criticare, ma solo a fin di bene per spronarla a far meglio dato l’indotto che, come diciamo da sempre (e, puntualmente, copiato da tutti), non ha nulla a che da invidiare ad altre realtà meno blasonate. Dunque avanti Bari, anche senza maledette lune traditrici e bastarde, avanti Bari anche senza quei vigliacchi che, sotto gli occhi perfidamente azzurri e pieni di opportunismo, ti sorridono falsamente e che sono talmente piccoli e vigliacchi che non hanno nemmeno il coraggio di guardarti negli occhi, incapaci anche di onorare un debito. Il Bari non ha bisogno di questo ciarpame. L’amore per il Bari (e non solo per il Bari…) non si compra, nemmeno aprendosi di gambe e digitando una tastiera su facebook debitamente filtrata, su skype o su messenger con tanto di webcam. Sia chiaro. Che si tifino da soli l’un con l’altro. L’invidia, la cattiveria e l’inganno non troveranno mai spazio nell’amore per la squadra.

Catania diventa una sorta di nodo cruciale perché tornando senza punti da lì c’è il rischio di impantanarsi nelle sabbie mobili anche se i margini salvezza saranno (o sarebbero…) ancora buoni. Ci vuole una reazione. E, a pelle, siamo convinti che nella terra dove Polifemo accecato dalla rabbia gettò massi giganteschi verso le pecorelle omeriche, laddove lo sguardo incanta verso l’infinito ellenico e dove la storia la fa padrone, il Bari saprà cercare l’alba dentro l’imbrunire o, se preferite, saprà trovare il centro di gravità permanente dal momento che, come da tradizione, oltre ad un piatto di Caponata con melanzane e pomodorini ed un piatto di Broccoli e Bastardi, una puntatina a Villa Battiato, a Milo, per lasciarci coinvolgere dalle sue atmosfere vagamente filo-orientali, la faremo senz’altro. E che la lava spazzi via ogni cattiveria e malvagità umana.
Massimo Longo

Nessun commento:

Posta un commento