Barum nulla erat sine Perinetto

Editoriale per BariLive 6/1/2010

Grande Bari, altre emozioni e l'anno nuovo inzia con il botto 
Barum nulla erat sine Perinetto
Ottima partita contro l'Udinese: ora tutti (o quasi) a Firenze


A sentire Giampiero Ventura, in sala stampa, la partita non era per niente facile sia perché di una squadra composta da gente del calibro di Pepe, Sanchez, Floro Flores, D’Agostino, Zapata e Inler c’era poco da fidarsi, sia perchè aveva cambiato l’allenatore (e si sa, quando si cambia l’allenatore…), sia a causa dell’indisposizione di Gillet, Bonucci e Ranocchia i quali, fino a ieri pomeriggio, erano da considerarsi out e se oggi i tre hanno giocato è solo grazie all’equipe medica barese che lo stesso mister genovese ha ringraziato pubblicamente.

Una partita in cui c’era il rischio di perdere di vista la realtà, quella conquistata tanto faticosamente nel corso di questi mesi, da Ridanna ad oggi, ma soprattutto ottimizzata con la Juve e dove invece tutto è andato bene. Ventura ha fatto capire ai ragazzi che entrare in campo con umiltà, e senza presunzione, alla fine paga, pena ritrovarsi con 3 gol di scarto dopo 20 minuti di gioco (Roma docet) e questo con qualunque avversario, titolato o meno. Noi riteniamo che il Bari visto oggi abbia preso un bel 30 e lode in sagacia. In altre epoche, in queste partite, non avrebbe avuto scampo soprattutto dopo una sosta.

E ci sia consentito di affermare, a noi che viviamo le sorti del Bari da vicino da sempre anche se giornalisticamente da due anni, ritiri inclusi, il merito è soprattutto di tal Giorgio Perinetti, l’uomo dalla doppia filosofia, forzatamente epicureo da un lato ma assolutamente stoico dall’altro, il quale “senza una lira” in tasca, ovvero col minimo sforzo, ha ottenuto il massimo risultato, anzi sta ottenendo il massimo risultato sin da tre anni: salvezza da retrocessione pressoché certa con Materazzi due anni fa, promozione storica come quella dello scorso anno, sebbene con una categoria scadente, e quest’anno strabiliante come non mai, forse nemmeno come nei mitici tempi del Bari che riuscì a battere il leggendario Torino di Bagigalupo prima che si schiantasse sul cupolone di Superga, un Bari che si piazzò al settimo posto. Perinetti che è riuscito a dare continuità all’era Conte senza farlo rimpiangere, uscendo dal cilindro un giovanotto serio e simpatico di 62 anni che, pur avendo ottenuto ottimi risultati tra la B e la C, in serie A non è riuscito sempre a raccogliere tutto quello che di buono ha seminato nella sua carriera di allenatore, Perinetti che con le sue gesta è tornato idealmente a riempire la “piazza” con quei centomila della festa di San Nicola del maggio scorso, centomila persi per strada dopo la farsa-contratto Conte pre-elettorale, Perinetti che ha azzeccato tutto: ci sia consentita, ancora, una frase appena partorita con molta fantasia: “Ah, Barum nulla erat sine Perinetto”, immaginando Perinetti un sostantivo che, in latino, “fa” Perinettus-i e si sa, il sine vuole l’ablativo.

Si diceva del timore di Ventura di sbagliare questa partita: evidentemente la settimana a Pomezia deve aver fatto bene ai ragazzi che hanno smaltito in fretta i panettoni, gli spumanti, le lenticchie e il cotechino facendo prevalere quella voglia di emergere dal “nulla” ma soprattutto di dare continuità all’ottimo campionato che stavano svolgendo. Anche l’amichevole col Barletta, che pure ha fuorviato taluni, ha dato quelle utili indicazioni volte a far capire a Ventura che la squadra “c’era” e non era rimasta prigioniera dei botti di capodanno.

Si aveva voglia di riprendere a camminare, a giocare. E presto. Le soste, in genere, soprattutto a chi va “ a tremila”, non sempre fanno bene. Troppi, in effetti, 22 giorni di astinenza tanto per i giocatori quanto per i tifosi baresi innamorati di una squadra che, dopo 101 anni, sta regalando momenti di gloria da sempre attesi ma mai vissuti così intensamente, tifosi baresi abituati da sempre all’arte dell’arrangiarsi, del fai-da-te o, se preferite, del pirandelliano “Così è, se vi pare”, i tifosi che, quantunque pochini a causa del giorno festivo nel quale, tradizionalmente, si preferisce riempire quell’ultimo lembo di intestino lasciato libero dalle luculliane abbuffate natalizie con l’angoscia percettibile di mettersi in auto per raggiungere uno scomodissimo San Nicola (e tornare), non vedevano l’ora di tornare a gustarsi il circo “Togni” biancorosso, sbollita anche la rabbia di Genova.

L’Udinese, squadra comunque talentuosa, se avesse giocato per altre 100 ore ininterrotte così, un po’ costretta a causa degli esterni biancorossi autentiche mine vaganti (anche se, ci spiace dirlo, spuntate ed egoiste), un po’ per scelta di Di Biasi, non avrebbe mai segnato un gol, nonostante gli mancasse un certo Di Natale, nonostante un Floro Flores a cui più che tributargli - a proposito di latino - la continuazione della declinazione di terza, proprio, non possiamo, e nonostante il regista, ex di turno, D’Agostino che non è riuscito ad imporre il gioco, ma grazie soprattutto ad un superlativo Almiron che è uscito con una giusta ovazione. Mai, e ribadiamo mai, abbiamo visto un giocatore di tale caratura e di tale incisività vestire la maglia biancorossa. Forse nemmeno Platt. Un autentico fuoriclasse. Che il buon Perinetti ce lo preservi a lungo.

Barreto ha mantenuto la promessa segnando il gol dell’ex ad una squadra che non ha mai creduto in lui anche a causa di uno strappo muscolare, secondo noi, mal curato proprio ad Udine e che con santa pazienza, prima il gruppo Ventrone poi il gruppo Innocenti, hanno cercato di curare.

E se prima segnavano solo i centrocampisti e i difensori e adesso si mettono a segnare pure gli attaccanti risvegliatisi improvvisamente dal letargo autunnale da noi sempre evidenziato con metafore teatrali beckettiane, con un centrocampo davvero da serie A nonostante un Donati tenace ma lontano dalla forma migliore come abbiamo già scritto in tempi non sospetti, con una difesa che, nonostante qualche sbavatura di Bonucci - ultimamente un po’ a disagio (errori a parte) - continua ad essere imperforabile ma che continua a regalarci sicurezza, crediamo che sognare non sia più vietato.
E’ vero che fino adesso la squadra barese è uscita vittoriosa solo sul campo del Chievo ma l’idea di andare a Napoli, a Roma, a Milano o a Firenze e di andarcela giocare ad armi pari, mettendo, per carità, anche in preventivo una sconfitta ma dignitosa e in piedi senza prendere schiaffi, è tutta un’altra cosa e tutto rende più gioioso e disincantato il momento della partita. E se ve lo diciamo noi che da sempre prendiamo le distanze dai carrozzoni circensi, dalle luci, dalle paillettes, dai nani e dalle ballerine, dai riflettori, scusate la presunzione, credeteci.
Adesso con umiltà avviciniamoci verso l’Arno con la consapevolezza di non dover e non poter lasciare ogni speranza noi che c’entreremo…
Massimo Longo

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