Dopo Palermo, alla conquista di Bergamo e Cagliari


Editoriale per BariLive 31/1/2010
Bisognava reagire in fretta alla sconfitta di Bologna, e reazione convincente è stata
Dopo aver visto la prestazione col Palermo siamo sempre più convinti che, obiettivi a parte, a Bologna bisognava vincere, e pure a mani basse, ma, si sa, in serie A, vincere fuori casa, peraltro al cospetto di squadre tutt’altro che trascendentali, non è affatto facile soprattutto per una neopromossa che, a differenza di squadre mediocri (come, appunto, il Bologna ma che hanno dalla loro parte l’esperienza), paga lo scotto del salto di categoria. Bisognava reagire in fretta alla sconfitta subita sulla Via Emilia, e reazione (convincente) c’è stata perché la squadra di Ventura, dopo essere stata raggiunta sul 2-2 da un gol del buon Pastore, che è tutt’altro che una figura evangelica, e dall’ottimo Cavani, e proprio nel momento in cui il Palermo ci stava credendo, ha fuoriuscito il carattere e il bel gioco mettendo in pratica gli insegnamenti di un allenatore che ha seminato tanto ma che, abbiamo come l’impressione, non abbia raccolto tutto quel che si meritava, servendo un poker d’assi siglando ulteriori due gol, passando da una partita di calcio ad un momento fiabesco.

Certo, dal punto di vista degli infortuni, non è un buon momento per i baresi: ci mancava che pure Almiron si facesse male, il quale si è fatto pure ammonire (era diffidato). Fortuna che Gazzi, mai stato così efficace come quest’anno in rapporto alle presenze, dia al momento le massime garanzie per affrontare qualsiasi partita perché in certi frangenti, se si vuol portare a casa qualche punto, occorre anche far legna, e il rosso sappiamo che è il miglior falegname transitato da queste parti. Un Andrea Masiello decisamente in forma è stato determinante alla vittoria così come Barreto, ormai goleador perpetuo ma terribilmente esile abituato altresì a farsi male (confessiamo, un po’ goliardicamente, che ogni qualvolta vediamo la macchina elettrica entrare in campo, chissà perché, sospettiamo che il giocatore per terra da curare sia lui: e su dieci casi, nove li azzecchiamo sempre e prova vuole che termina sempre le partite claudicando, purtroppo) e, finalmente, Alvarez che, gol a parte (e solita razione di gol sbagliati, ovviamente, giusto per ricordare la sua caratteristica), ha sfoggiato una prestazione maiuscola pregna di spirito di sacrificio e di belle giocate: complimenti.
Si son rivisti Sforzini il cui infortunio, più o meno simile a quello di Totti al quale, però, son bastati soli 22 giorni per recuperare, è durato – fisioterapia, convalescenza e scelte tecniche incluse - 4 mesi (soliti misteri) e che con grande sacrificio, ma senza incidere obiettivamente più di tanto, ha contribuito alla vittoria, e Diamoutene che, qualche disimpegno al cardiopalma a parte (sapevamo che fosse così, dunque niente drammi), non ha fatto rimpiangere il buon Nicola Belmonte che nelle poche partite fin qui giocate se l’è cavata benone ma, soprattutto, Ranocchia. Buone le prestazioni di Koman, Bonucci, primo gol a parte alla Van Basten, Salvatore Masiello, Donati e soprattutto Allegretti, giocatore esemplare da cui un po’ tutti dovrebbero prendere esempio: silente, allegro fuori dal campo, rispettoso e bravo a farsi trovare sempre pronto quando è necessario negli schemi del buon Giampi dando un contributo notevole e determinante: questo il prototipo di giocatore che i tifosi adorano.
Ci spiace invece per Miccoli che, ancora una volta, nel rilasciare una dichiarazione nella mix-zone a qualche collega, ha perso l’ennesima occasione per dimostrare che, infondo, basta poco per essere uomini: non vogliamo infierire sul giocatore che, prestazione approssimativa a parte (nonostante la traversa beccata in pieno su calcio piazzato), indiscutibilmente, ha dei numeri di qualità e al quale auguriamo le migliori fortune nella vita, ma è appena il caso di ricordargli, senza polemica, che metterla sempre sotto l’aspetto campanilistico tra Lecce (sempre più bella ultimamente) e Bari (che non le è da meno) non solo alimenta il clima di odio ma soprattutto non paga. Vogliamo ricordare al simpatico funambolo leccese travestito da rosanero a cui, probabilmente, mancano i rudimenti della consecutio temporum, che la storia e la cultura gli danno palesemente torto: sin dai tempi bizantini, infatti, Bari viene riconosciuta come leadership regionale finanche da Guglielmo Appulo il quale, nel vedere Bari e poi Lecce, non ebbe alcun dubbio nell’affermare che “omnia praeclarum super Appula moenia Barum… Appulia nulla erat urbs, quam non opulentia Bari vinceret”. Dunque, a volte è meglio tacere o limitarsi a parlare della partita. Con tutto il rispetto per Lecce, ovviamente, che riteniamo città meravigliosa.
A noi, che notoriamente siamo nostalgici e tendenzialmente ispirati da storia, cultura e letteratura, tutti elementi coi quali tentiamo (speriamo degnamente) di dare un tocco più gustoso a questo calcio diventato, ormai, brutto e selettivo, vedendo il Palermo, ci ha fatto battere il cuore, ultimamente un po’ bizzarro, tornando indietro nel tempo con immagini in bianco e nero: come non ricordare le “j” di Tanino Troja e di Valerio Majo, Carlo Bresciani, un mitico 3-3 alla Favorita conseguito con la polizia in campo, De Rosa (l’attaccante rosa-nero che, come Miccoli, ogni qualvolta incontrava il Bari sembrava avesse un conto in sospeso), Veneranda e Favalli, la vicina Alcamo, metafora di una celebre Waterloo barese, e tanti altri aneddoti? Insomma un “polvere di stelle” in cui, noi terribilmente romantici, ci siamo lasciati trascinare: tante le battaglie coi rosanero che potremmo riempire libri interi e tante le storie da raccontare ai soliti 4 tifosi ciucci, arroganti e presuntuosi che si ergono a tifosi unici solo perché hanno assistito al famoso Bari-Cittadella.
Peccato, perchè l’impressione che si ricava tra ciò che può offrire la città da qualche anno a questa parte, ormai più vivace e idonea agli standard europei, e l’elemosina cui Re Giorgio I° è costretto a mendicare qua e la per tirare avanti la baracca (e che pure, bisogna ammetterlo, funziona nonostante qualche inevitabile abbaglio indipendente dalla sua volontà, causato dall’acquisto senza portafoglio), è quella di un solco profondo e che lascia un retrogusto di amaro e di impotenza.
Onore a questo Bari che, battendo una squadra di qualità come quella del Palermo, oltre a divertire, ha mostrato umiltà, spirito di gruppo e sacrificio pur senza dimenticare i suoi limiti che lo costringeranno, purtroppo (o per fortuna, chi vivrà vedrà), a lottare per una comoda salvezza: e già, purtroppo, perché abbiamo come l’impressione che mai come quest’anno si potrebbe (o si sarebbe potuto, visto che manca solo qualche ora alla chiusura del mercato di riparazione e Ventura vuole assolutamente Cerci, altrimenti sta bene così com’è) tentare qualcosa di importante, e pure senza svenarsi, ma l’evidenza, ahinoi, ancora una volta, parla chiaro: due rinforzi, uno trentacinquenne, pagato pure caro, e un altro, Marco Pisano, tradizionalmente arrugginiti, che sicuramente ci daranno una mano (ne siamo certi) non prima, però, di aver atteso il consueto periodo di forma che speriamo non arrivi ad aprile. Ormai sappiamo come funziona, siamo vaccinati: Edusei, Jadid, Vignaroli ed altri docet anche se, almeno per una volta, vogliamo credere che questi due siano meglio. Eppure “audantes fortuna iuvat”, o, se preferite, a volte non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, purtroppo.
Infine due parole sulla nostra luna che, chi ci legge lo sa, ci ha sempre accompagnato durante quest’anno: ieri, al poker di Koman, sul finire della partita, è timidamente apparsa squarciando le nuvole che sovrastavano il San Nicola. Un segnale inequivocabile con cui, pur in una serata felice per i colori biancorossi, lei che è sempre stata lì ad illuminare il San Nicola e le trasferte, ci ha voltato definitivamente le spalle ma che rimarrà sempre lassù a ricordarci che quest’anno è stato, e sarà, indimenticabile, anche perché, si sa, il sole, normalmente, sorge e tramonta, la luna no; la luna non sorge e né tramonta mai, è sempre lassù come a voler dire che la vita va avanti sia pur tra ricordi belli e meno belli.
Ed ora, senza paura e convinti di avere un’arma in più nello spogliatoio, quello pugnace dello spirito di sacrificio e di gruppo, convinti che “volere è potere”, alla conquista di Bergamo e Cagliari. Solo dopo queste due trasferte, nonostante le defezioni degnamente sostituite, si potrà capire davvero dove - la squadra che, come nella massima venturiana, deve ricordarsi chi è e da dove viene - vuole arrivare. Coraggio, ragazzi, prima erano i difensori e i centrocampisti a segnare, ora cominciano a carburare anche gli attaccanti (addirittura Alvarez!), dunque, senza paura, credeteci, fatelo per una città troppo spesso e colpevolmente relegata alla figura calcistica di provinciale ma che, ormai, problemi e contraddizioni a parte tipici di qualsiasi grande città d’Italia, d’Europa e del mondo intero, provinciale non lo è più!

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