Lippi, senti a noi, ‘n da denz, non si mettenn a Cassano.

Articolo per BariLive  16/10/2009

Per esperienza vissuta, abbiamo la certezza che molti degli articoli scritti dalle colonne di Barilive, un giornale interattivo letto ed apprezzato tanto quanto altri quotidiani venduti nelle edicole, vengano interpretati male. Forse volutamente. Ormai è hobby, non ci facciamo più caso. Meno male che a leggerci e a commentarci non è solo la minoranza composta dal ciarpame mediatico provocatorio, maleducato, indisponente, lassista, pullulante nei vari forum, ma soprattutto il tessuto sociale sano e civile barese, ovvero la stragrande maggioranza, compreso quello che dissente dalle nostre idee. Siccome abbiamo il vago timore che i soliti prevenuti possano fraintenderci, riteniamo di fare questa debita premessa, quanto mai opportuna, volta al proseguimento della lettura.


Allora, sgombriamo subito il campo da pericolosi equivoci:

1) A noi Antonio Cassano piace, eccome. Lo abbiamo criticato quando se lo meritava - e della qualcosa non ci pentiamo affatto – perché in un determinato momento della sua carriera se lo meritava. Siamo andati contro corrente (come nel nostro stile) e contro una certa faziosità populista barese d’epoca nel difenderlo “a prescindere” nonostante le celebri, e troppe, “cassanate” in cui la società civile e onesta barese, ovvero la maggioranza, non si è mai rispecchiata, faziosità che, conseguentemente, ha contribuito a mettere in ulteriore cattiva luce l’immagine di Bari, già di per se a rischio, sotto certi aspetti, per altre situazioni storico-antropologiche di cui non è il caso di parlarne qui ma che sono facilmente intuibili come ad esempio il furto di ossa in Turchia un millennio fa per le quali, davanti all’opinione pubblica mondiale - forse qualcuno lo ignora - passiamo per i migliori “mariuoli” del mondo, o la mancanza pressoché totale di una vera e propria resistenza come a Reggio Emilia e zone limitrofe nella seconda guerra mondiale per una più comoda ed opportuna apertura di gambe a 180 gradi (un po’ come con Barton, insomma), brigantaggio, triple e quadruple file che nemmeno a Napoli ci vedono, e tante altre cose, ribadiamo, di cui ne parla il mondo e le pagine di storia, non noi. Passano i tempi, di acqua sotto i ponti tiberini non ne parliamo, fino al punto che adesso possiamo ritenere Cassano, senza ombra di smentite, l’unico calciatore che mostri il più bel calcio del mondo, il Pelè degli anni 2000, quello per cui vale la pena vedersi finanche una inutile Sampdoria contro Entella Chiavari o Sestri Levante, la panacea di un calcio ormai diventato schiavo del potere e mosso dallo stesso come nel teatrino dei burattini, con un Moggi che non si può proprio fare a meno di invitarlo in tv per sentirne pareri di cui, francamente, potremmo farne a meno visto che è persona quanto meno sgradita, di un calcio ancora genuino fatto soprattutto di smorfie, di sputi alla Patty Smith sul palco, di humus di terreno calpestato, ancorchè di assist. Se a questo, poi, aggiungiamo che, probabilmente, Sant’Antonio da strada San Bartolomeo - dove il profumo panzerotti fritti ti riempie l’anima e la tentazione di fermarti per comprarne uno, magari con una birraperoni ghiacciata, è forte - si è redento, beh, allora in effetti è proprio un peccato non vedergli indossare la maglia, ahinoi, diventata nel frattempo sempre meno color azzurro e sempre più indefinito. Siamo, altresì, dell’avviso che se in una nazionale osservata grazie ad una robusta e costante porzione di Prozac - ma ahinoi, vincente - come questa trovi spazio gente come Palombo e qualcun altro le cui gesta, proprio, non ci convincono, non vediamo perché non possa trovarne Cassano. Crediamo che la pecorella nera smarrita abbia dismesso i panni dell’enfant terribile barese (era ora) dotato di una lingua biforcuta (almeno così sembra) e di gestualità pari solo a Michele Santoro in Annozero, anche grazie alla sua bella pallanotista Carolina che è accanto a lui per riempirlo di coccole e che, a quanto pare, brufoli, slang da improbabile genovese-barese, pasta al forno cucinata da donna Giovanna a parte, lo sposerà al più presto. Insomma, come dire: i tempi delle multe beccate con la sua famosa Golf nera regalatagli dal presidente Matarrese, quelli delle minacce ai calciatori, delle maglie gettate in faccia agli arbitri, sembrano finalmente un ricordo.

2) Nemmeno a noi piace Lippi. Nulla quaestio sulle proteste elevate dalla gens barensis dopo le infelici frasi dell’altro ieri sera, sulla sua arroganza, sulle sue progeniae… quanto meno ambigua a causa della sua scuderia; tutto ciò rivela una certa maleducazione e insofferenza verso i tifosi-lavoratori che non arrivano a metà mese per sfamare i figli ma che però – e ci mancherebbe - ad una partita della nazionale, non vogliono e non devono rinunciare, e verso i giornalisti risultando finanche imbarazzante e, secondo noi, anche meritevole di sanzioni disciplinari in quanto il signor Lippi, a differenza di un operaio, è strapagato. Però, vediamo il bicchiere mezzo pieno: facciamo gli gnorri e facciamo finta di non pensare che la nazionale, in fase di qualificazioni, non abbia mai convinto salvo poi, chissà perché, qualificarsi regolarmente nove volte su dieci e salvo ancora – con il target delle partecipanti che diventava sempre più alto - vincere talvolta finanche il mondiale, e lasciamo anche per un attimo il passato recente, la sua coppa del mondo vinta anche grazie ad un provvidenziale “tuzzo” a Zidane, a Gioconde ad un passo dal furto di improvvisati ulteriori 62, stavolta, bersaglieri italioti pronti a sfondare le porte del Louvre per riportarla in Italia, un passato che, si sa, non lo autorizza ad entrare ed uscire a piacimento dalla porta della Federazione Calcio per recarsi a pesca a Castiglione, e nemmeno a dire ciò che gli passa per la testa senza contare, prima, fino a dieci.

Lippi, con la sua testardaggine, ha staccato il proverbiale biglietto (come avrebbe detto Pizzul) per Johannesburg, arrivando primo nel girone con una squadra-laboratorio portando avanti coerentemente le sue scelte, pur non entusiasmando e senza far breccia nei cuori dei tifosi italiani che, nonostante qualche opportuno anti-depressivo ingerito preventivamente per assistere alle sue performances spesso indegne, alla fine, sono i veri fruitori del prodotto calcio. La nazionale di calcio intanto esiste in quanto c’è un cuore da far battere e non una mente depressa da cui guarire.

Cerchiamo, tuttavia, di “vederla” dal punto di vista di italiani e non in quella autoctona, punti nell’orgoglio, perché quello che francamente ci fa rabbia, tuttavia, è assistere impotenti ai piagnistei degli ignari baresi (o quasi tutti) che, puntualmente, grazie anche ad internet (facebook su tutti) fa di tutto per attirare le attenzioni di una certa tv in perenne ricerca di bersagli da prendere in giro per riempire i palinsesti ad italiauno o a retequattro, producendo effetti mediatici terribilmente devastanti e compromettenti per la nostra immagine; ma tutto questo, purtroppo, i soliti noti del partito “mitt a Cassano”, come per una celebre Alice di degregoriana memoria, non lo sanno.

In sintesi: ma come è possibile, una volta tanto che l’Italia tifa, sia pur indirettamente, per noi, insistere nella predica provinciale del vittimismo becero? Ma è mai possibile che nell’anno 2010 di nostra vita, in era facebook, dove i mercati rionali finalmente sembrano lasciare il posto alle strade, dove il bizantinismo sembra morto e sepolto e dove la celebre “cape du turchie” di un celebre arco di Bari vecchia è finalmente un monumento da ammirare e non più un “Osiride” da venerare, a nessuno sia mai capitato di capire perché le Iene vengono da noi e non a Ragusa o ad Alghero e nemmeno a Fidenza? Però che nessuno si lamenti più, una volta per tutte, se domani, dovesse tornare Calabrese travestito, stavolta, da Lippi. E no.

E allora, a questo punto, se vogliamo scrollarci di dosso questa etichetta messaci sul petto da quelli di Berlusconi (forse per vendetta…) rendendoci oggetto di scherno per le reti paragovernative (e non solo para), Lippi, senti a noi, ‘n da denz, non si mettenn a Cassano.
Ma un altro consiglio, però, vogliamo darglielo: abbia rispetto, però, dei tifosi che hanno tutto il diritto di contestarlo perché è vero che da sempre tuteliamo l’impopolarità, ma è altrettanto vero che rinunciare a Cassano sia davvero rischioso ancorché un “peccato”.

Le scelte di Lippi vanno rispettate anche perché ne risponderà personalmente ove dovesse sbagliare in Sud Africa, ma, per favore, che anche Lippi rispetti le critiche dei tifosi della nazionale perché ognuno è libero di applaudire e criticare. Spieghi, infine, una volta per tutte, perché non lo convoca. Se ne ha il coraggio. Pena, asterischi immediati.
Massimo Longo

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