Parma Bari

Articolo per BariLive 29/10/2009

Che la partita sarebbe stata difficile lo si sapeva sin dall’inizio e non solo per la forza della squadra di Guidolin ma anche perché c’era da sfatare una tradizione negativa che vedeva il Bari sempre perdente nella città di Giuseppe Verdi, anno scorso escluso in B. E siccome quest’anno, la squadra di Giampiero Ventura, si sta facendo strada anche grazie al ribaltamento di certi risultati tradizionalmente negativi (meriti a parte), non sarebbe stata un’utopia pensare che alla magistrale prestazione contro la Lazio ci sarebbe stato un seguito. Macchè.

Parma, con quel campanile appena andato in fumo per uno sciagurato temporale e col suo magico Battistero, da sempre oggetto di studi a scuola in Storia dell’Arte, è forse la città più fredda del mondo e non solo per la temperatura ma anche per l’anemico raccolto effettuato dal Bari ogni qualvolta c’era da incontrarne la relativa squadra, a partire dai tempi di Brolin, unico attaccante al mondo alto un metro e mezzo ad essere riuscito a segnare di testa, guarda un po’, proprio al Bari, passando per Asprilla, Minotti, Apolloni e Melli, e finendo ai tempi nostri. Mai la soddisfazione di un punto, mai una volta che ci sia andata bene. Eppure si parla del Parma, mica del Barcellona. D’accordo, vent’anni di gran serie A alle spalle grazie anche all’inganno dei bond della Parmalat, ma è pur vero che, mentre il Bari per una cinquantina d’anni faceva la spola tra A e B affrontando il Toro di Bagicalupo, il Milan di Rivera, la Juve di Altafini o l’Atalanta di Pizzaballa in B, la squadra emiliana affrontava i derby col Fidenza, seppure. Strana la vita.

Un Bari che da un paio d’anni sta facendo sognare ad occhi aperti i tifosi come in una fiaba di Anderssen dopo tante, troppe, “Bariie” che strappano il tempo fermato nel nulla e nel bianco e nero di una Bari, come per la fenicia Bagheria descritta da Tornatore, incapace di tirarsi fuori dalla cronica mediocrità e dai soliti problemi clientelari-affaristici e che, giocando a Parma, avrebbe potuto e dovuto riprendere idealmente a camminare per costellazioni più luminose, attraversando però i ciotoli delle strade medievali di Parma mai stata così bella come ieri sera, di una Parma attraversata dalla mitica Via Emilia ed illuminata dalla nostra amica luna, ormai costante compagna di viaggio, appena offuscata da un sottile strato di nebbia, tipica di quelle parti, che appare in ogni momento del giorno.
Parma-Bari, ovvero anche il derby tra due teatri, forse, tra i più prestigiosi del mondo, il Regio contro il rinato Petruzzelli con Giuseppe Verdi in casacca gialloblu crociato accompagnato dal Nabucco e dalla sua Aida alle prese con un misero ma dignitoso Niccolò Piccini e la sua più modesta Cecchina. In effetti, a guardarla così, non ci sarebbe stata partita. Con tutto il rispetto per il nostro Piccinni, ovviamente.

E partita non v’è stata, in effetti. E’ arrivata la seconda sconfitta, la prima fuori casa, e volendo osservare l’altra faccia della medaglia, pensiamo che, tutto sommato, nessun male viene per nuocere. Ci verrebbe voglia di dare il bentornata sulla terra alla squadra del Bari, su quella terra che la vedrà confrontarsi per una comoda salvezza approfittando dell’ottimo impianto di gioco che Ventura le ha dato e soprattutto dell’anima che lo stesso allenatore genovese le ha scosso, un’anima che, fino a qualche anno fa, risultava stantia in attesa di un elettroshock iniziato da Conte e passato a Ventura.

Non siamo convinti che la squadra abbia giocato male, anzi, crediamo piuttosto che non sia bastata la solita verve fin qui efficace, soprattutto perché di fronte, come detto prima, si è trovata una squadra vera, in salute e non un Milan ancora alla ricerca di se stesso, una squadra che, pur senza far sfracelli davanti a Gillet (due tiri in porta soltanto, bellissimi, per carità ma assolutamente “della domenica”, contro uno del Bari, clamorosamente sbagliato), ha sicuramente mostrato muscoli e sostanza mettendo la museruola a Donati & C. i quali non hanno potuto fare altro che contenere la furia parmense e tentare qualche timida offensiva.

Ovvio che qualche errore da parte di Ventura c’è stato. Ma, credeteci, ascoltare in sala stampa dalla sua voce che, infondo, c’era il suo zampino, è segno di grande onestà intellettuale ma soprattutto, ci crediate o meno, quell’outing rende la sconfitta meno amara di quanto possa sembrare. E già, perché il buon Giampiero ha ammesso con la sua proverbiale simpatia che quel turn over, proprio, non lo ha azzeccato per niente. Non staremo qui a discutere se Allegretti, da noi sempre avallato nella scelta del mister, sia apparso un tantino inutile nel contesto della partita (forse bisognava osare di più, piuttosto che pensare a tamponare quella zona, ma è solo un’impressione), se Salvatore Masiello sarebbe stato meglio di Parisi, se Donati (e forse qui siamo d’accordo un po’ tutti) andava lasciato rifiatare o, ancora, se Alvarez sta cominciando a diventare irritante, no: preferiamo stringere la mano a quel Signore, con la S maiuscola che risponde al nome di Giampero Ventura da Genova per la sua onestà. E sappiamo benissimo che chi sa chiedere scusa, chi ammette pubblicamente di aver sbagliato (con tutte le attenuanti del caso, ovviamente)… è un vero uomo… A buon intenditor poche parole.

Del resto, se proprio vogliamo dirla tutta, crediamo che in serie A la differenza tra una squadra da settimo posto - come potrebbe essere il Parma - e un’altra da 13° posto - come potrebbe essere quella del Bari - sapete chi la fanno? Bojinov, Paloschi, Amoruso e Babiany da un lato, Barreto, Kutuzov, Meggiorini, Greco e Sforzini dall'altro, ovvero il “non” attacco. Tutto lì, semplice come bere un bicchiere d’acqua.

Confermiamo la fiducia incondizionata al Generale Kutuzov quale unico giocatore capace di aprire il gioco e di rendere efficace una giocata barese, ma riteniamo nello stesso tempo che tanto lui quanto i suoi colleghi d’attacco siano assolutamente inadeguati, ancorché inefficaci, alla causa biancorossa del gol, salvo i soliti momenti occasionali come per Meggiorini contro la Lazio e, se vogliamo, anche come per Barreto il quale, nonostante abbia dato brio nel secondo tempo, risulta - secondo noi - sia lontano dalla condizione fisica che non esattamente adatto al torneo di A, eterno infortunio a parte che, bene o male, Ventrone riuscì a contenere. E comunque, allo stato attuale, visto anche il mantenimento nella parte sinistra della classifica, crediamo proprio che non ci possiamo lamentare. Anzi.

Lo ribadiamo: una sconfitta lascia sempre un retrogusto di amarognolo ma siamo assolutamente convinti che, dopo averne viste tante (scusate la presunzione), stavolta si sia caduti in piedi, a testa alta, con l’onore delle armi, senza incassare le solite (e speriamo mai più rivedibili) sberle all’Albinoleffe, per intenderci.

La speranza resta saldamente adagiata ad un nastro di costellazioni sul quale si possono tracciare linee di sogni e di visioni lasciandosi alle spalle i dannati filtri di precedenti illusioni, dirigendosi in costellazioni più consone alle aspettative. Diciamo, orientativamente, tra i Gemelli e lo Scorpione evitando di scontrarsi, però, con altri segni zodiacali, magari, meno influenti. Cassano e Pazzini, avvisati.

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