Sampdoria Bari

Articolo per BariLive 2/11/2011


A Via del Campo, una volta, ci andavano gli illusi convinti che un’ora di meretricio potesse essere salutare agli istinti maschili. E forse, a quell’epoca, era pure vero: ieri, a Via del Campo, ci siam transitati noi, intanto per omaggiare un poeta cantautore particolarmente caro la cui spiritualità ci ha accompagnato per tutto il soggiorno genovese, e poi con la pia illusione che il finale di una recente fatal Verona - versante Chievo - fosse stato in assoluto il più incandescente della storia centenaria del Bari.

Ci eravamo, evidentemente, sbagliati. Sono quei momenti che ricorrono spesso nei sogni di ogni sportivo, anche in quelli degli adulti, sogni che prevedono un calcio di rigore oltre il 90’ a favore della squadra della nostra città, fuori casa (non ne parliamo, poi, se in casa di una “grande”) e che speri con tutto il cuore che possa essere realizzato. Lo ammettiamo, abbiamo abbandonato il nostro proverbiale aplomb in sede di errore imprecando come un qualsiasi tifoso incuranti dei colleghi Rai accanto a noi: crediamo fosse inevitabile. Prima Barreto e poi Bonucci ci hanno fatto illudere che da Marassi si potesse, in un modo o nell’altro, tornare a Bari con una prestigiosa, quanto meritata, vittoria che l’avrebbe ripagata, sia pure parzialmente, di tante prestazioni che l’ha vista raccogliere meno di quanto seminato.

Una gara tatticamente perfetta (quasi ci verrebbe voglia di dire “come sempre”), sbavature fisiologiche a parte, oseremmo dire, normali per una squadra come quella biancorossa neopromossa dalla B, non è bastata a dare il colpo del ko ad una Sampdoria che, come per Milan Inter e Palermo (e forse anche la Lazio) credeva di fare del Bari il solito bocconcino, stavolta alla genovese - magari col pesto – senza fare i conti con l’ex dal cuore blucerchiato Giampiero Ventura che, pur azzeccando il turn over e nonostante la sua proverbiale simpatia, è apparso contrariato come non mai a causa del gol annullato apparso, in effetti, inspiegabile. Ma tant’è. Dopo il rigore sbagliato da Barreto abbiamo intravisto gli spettri dei fantasmi di tante partite andate male facendoci presagire che da li a poco, avremmo potuto pure perdere, magari con un gol al 100’ o, peggio, con un rigore inesistente concesso giusto per compensare il conto, al 101’. Non sarebbe stata la prima volta, purtroppo, ne abbiamo viste di scene simili, ed invece abbiamo pure segnato: peccato che non se ne siano accorti arbitro e guardialinee.

Una squadra apparsa tutt’altro che stanca, segno che in effetti a Parma qualcosa è andato storto a partire dal turn over sbagliato (poi ammesso candidamente da Ventura), un undici davvero in gran spolvero, muscoli e sostanza, che è entrato in campo con un approccio diverso rispetto a Parma, diciamo simile alle precedenti trasferte, con il solito centrocampo campione assoluto nel far diga e nel proporsi (Donati ha sovrastato alla grande Palombo), con una super difesa ormai collaudatissima e, ahinoi, ci spiace sottolinearlo ogni volta nei nostri editoriali, col solito attacco anemico ma non per questo immobile comprese le ali che di fatto non hanno convinto per niente a partire da Alvarez, ieri irritante più che mai (lo avevamo detto in tempi non sospetti, lo ribadiamo adesso: chiaro, adesso, perché la Roma ce lo ha sbolognato? Ecco, una volta per tutte, fatevene una ragione, lui è così, prendere o lasciare) e finendo a Langella che, avendo avuto finalmente una opportunità, riteniamo che non l’abbia sfruttata a dovere a causa del suo disordine tattico ma non per questo lo riteniamo da bocciare. Certo, per far gol bisogna pure tirare in porta, prima di tutto, e con tutta onestà, gol annullato a parte, se Barreto continua a sbagliare i rigori, se Alvarez e Kutuzov sbagliano le uniche occasioni gol della partita, non serve sfoderare eccellenti prestazioni se alla fine non la mette dentro nessuno.

C’era un certo Antonio Cassano da fermare e, partita sottotono a parte – chissà… forse esorcizzato dai suoi colori - riteniamo che tra Bonucci e Ranocchia non abbia visto letteralmente palla, salvo le fisiologiche occasioni gol sulle quali ci ha pensato il buon Gillet da campione. E a proposito di Cassano, chi ci legge sa che siamo stati sempre onesti verso di lui criticandolo quando era giusto farlo a causa delle sue stravaganze con cui ci metteva alla berlina nazionale, e pretendendolo in azzurro dopo che si era redento ma soprattutto dopo che ha dimostrato di essere il numero uno quanto meno in Europa, ma ci siamo sempre domandati: cosa ha fatto Cassano per Bari? Nemmeno uno straccio di riconoscenza in tutti questi dieci anni, solo ieri quando, come Caino, si è rivolto ai tifosi baresi inchinandosi e ringraziandoli, portandosi una mano al cuore. Bel gesto, per carità, da applausi e, forse, anche da brividi, però, poteva pure sprecare una parola, possibilmente in italiano e soprattutto sentita, in questi dieci anni a favore di Bari e del Bari senza aspettare l’incontro forzoso vis-a-vis coi baresi. Noi, almeno, non lo abbiamo mai sentito, anzi, abbiamo sempre percepito freddezza e ironia mista a sarcasmo e indifferenza. Irriconoscente di un Antonio, ci spiace ma è così, anche se lo vorremmo in nazionale.

A Marassi abbiamo assistito ad una vera e propria transumanza dalle dimensioni quasi bibliche dei tifosi biancorossi, un po’ in stile anni 70-80 nelle mitiche trasferte di Rimini, San Benedetto e di Roma contro la Lazio quando il lungotevere si trasformò in un fiume di auto biancorosse, tifosi che, complice il gemellaggio coi sampdoriani, si son lasciati trascinare dall’entusiasmo di una trasferta, sì lontana, ma decisamente affascinante. Spuntavano dappertutto, da ogni dove, fino all’aeroporto di Pisa, stamattina, quando alcune centinaia di facce sconvolte da una nottata passata all’addiaccio, sono arrivati al Galilei - probabilmente col treno - per imbarcarsi per Bari.

Genova, maestosa e superba, con quelle aiuole triangolari e quei palazzi urbanisticamente scriteriati, probabilmente per necessità, con quella città vecchia dove, per davvero, a tratti, sembra che il sole del buon dio non filtri i suoi raggi, con quei panni che sembrano garze stese verso un cielo autunnale, è apparsa ai tanti tifosi che l’hanno invasa pacificamente, una città viva, pulsante, sempre in movimento, sin da sabato sera dove in Piazza De Ferraris gli stessi si erano dati appuntamento per trascorrere la serata. Posti incantevoli, vecchi carrugi, murales di sottopassaggi abilmente disegnati da versi di cantautori, salite e discese labirintiche interminabili, profumi di basilico e di pesto che hanno messo a dura prova le nostre, ormai, limitate capacità di resistenza umana, vicoli danzanti pullulanti di gente con quell’aria di vento e sale che fa l’occhiolino all’orizzonte del suo mare attraverso la magica Lanterna, mentre un aereo, di tanto in tanto, ombrando la terra, atterra su quell’aeroporto incredibile ubicato sul mare.

E a proposito di incredulità, crediamo che Barreto sia un giocatore da recuperare a tutti i costi, altrimenti si corre il rischio di perderlo definitivamente. Un giocatore fragile che, oltre a trascinarsi l’infortunio udinese, risulta vulnerabile per qualsiasi evento, anche per un banale raffreddore. A questo aggiungiamoci che è ancora lontano anni luce da una preparazione adeguata, che la Sampdoria non è il Sassuolo e nemmeno il Treviso, e poi si capisce perché si arrivi a sbagliare il secondo rigore oltre che a sfoderare una pessima prestazione. Forse sarebbe stato più logico farlo battere ad un giocatore che, in quel momento cruciale della partita, mostrava freddezza e determinazione, uno alla Donati o alla Almiron, per intenderci, giusto per non sprecare gli ennesimi due punti fuori casa. Lo diciamo con tutto il bene che vogliamo al buon Vitor: palestra a parte, crediamo che gli occorrerebbe un buon psicologo anche per scongiurare possibili “saudade” di “dondiana” memoria.

Un Bari che ha convinto anche la platea sampdoriana la quale, all’unisono in sala stampa, si è complimentata per le gesta convincenti e non casuali della truppa di Ventura, ormai la squadra che esprime il miglior calcio in assoluto della A, difesa meno battuta a parte. E come dare torto a tutta l’opinione pubblica se ci si accorge che al 95’, in casa della Sampdoria, invece che pensare di calciare la palla in tribuna, Bonucci & C. si affacciano in area avversaria, siglando pure il gol? Ventura è stato davvero bravo a plasmare i giocatori e siamo convinti che col tempo, oltre all’ampio margine di miglioramento che già si intravede, ci regalerà parecchi risultati positivi, a partire da una tranquilla salvezza, passando per le solite soddisfazioni qua e la da per l’Italia, e finendo all’anno prossimo quando, noi tutti speriamo nell’investimento con quei soldini che cadranno come baci dal cielo.
Massimo Longo

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