Prima in de bello clientelare poi Almiron

 Articolo per Bari Live 16/8/2009
E intanto è arrivato Barton
Prima in de bello clientelare poi Almiron
Il dopo Bari-Empoli tra speranze e realtà


Intendiamoci, la posta in palio era il Catania (con tutto il rispetto per i discendenti di Bellini e per Franco Battiato), mica la finale di Champion’s o il solito premio-Juve, ma una sconfitta casalinga così, sebbene ad agosto - strameritata - e per giunta ai rigori, lascia sempre un retrogusto di amarognolo con tracce di inevitabile pessimismo cosmico leopardiano. Ci fosse stato Antonio Conte si sarebbe incazzato moltissimo, ne siamo certi.

Ventura - che è un grande allenatore (oltre che un Signore con la S maiuscola) - che pur c’è rimasto male, non ne ha fatto un dramma. Anzi. Il buon “camallo” genovese sembrava paradossalmente felice, oltre che soddisfatto, della prestazione dei suoi ragazzi che in effetti, pur coi loro limiti, hanno dato tutto, dal momento che uscire dalla Coppa, di ferragosto, oltre a non esser la fine del mondo, ha messo a nudo carenze e limiti strutturali di questa squadra promossa in A attraverso la pagina di una fiaba di Andersen e, nello stesso tempo, lasciando un post apotropaico sulla facebook texano-japigina quasi a voler segnalare come in una metafora esopiana che, con questa squadra, non si va da nessuna parte e, come si dice, finché si è in tempo... E come dargli torto.
Noi riteniamo che questa sia davvero una sconfitta salutare, giunta al momento opportuno (oseremmo dire topico nella storia calcistica barese), che potrebbe aiutare a risolvere molti dei problemi. Come dire: vero che mancava mezza squadra, ma non siamo, poi, così certi dell’equazione “giocatori migliori della B=garanzia permanenza in A” e non sarà un caso che Ventura abbia sempre anteposto coppie già collaudate ad altre da rodare sia centrocampo che altrove: ma vi siete chiesti perché tutte le partite terminano con Gazzi e De Vezze, nonostante due-tre apparenti valide alternative che, per ottenerle l’anno scorso, si era pronti a fare carte false? E non veniteci a dire che aspettiamo Donda, perché Donda sarà stato pure recuperato fisicamente e, soprattutto, psicologicamente, ma in A partirà (quando partirà…) da scommessa come tanti. Nessuno di noi ha la certezza che potrà essere determinante. Quei 3 lanci millimetrici a partita che faceva in B li ha fatti col Treviso, col Grosseto o a Frosinone: ecco, vorremmo vederli con il Siena, col Palermo o a San Siro, solo allora potremmo valutarlo meglio. Peccato invece per Paro.

Ieri con l’Empoli i giocatori, pur manifestando sterilità nel gioco e lì davanti, si sono impegnati al massimo - su questo non ci piove, Kutuzov è davvero il perno del gioco - ma tra infortuni e squalifiche, coloro i quali hanno giocato, si sono mossi bene considerato, tra l’altro, che Greco ha giocato perché costretto in quanto la sua tabella di guarigione non prevedeva alcuna partita ufficiale fino a tutto agosto, mentre Sforzini che sarà bravo quanto volete ma è pur sempre una riserva dell’Udinese, non giocava una partita (per giunta da 120 minuti) da 4 mesi. Ventura in sala stampa ha tessuto elogi ai ragazzi che ce l’hanno messa tutta per non sfigurare ma, come ampiamente previsto e scritto da queste colonne, questa squadra necessita di personale altamente qualificato, di giocatori che abbiano una massa corporea in più rispetto a quella che passa il convento, necessaria ad affrontare un torneo importante di A dove retrocedere sarebbe deleterio. Manca la qualità, insomma, non tanto l’esperienza, mancano, ad esempio, quei giocatori alla “Brienza” del Chievo o quei “Brienza” incontristi-ragionieri del Catania, o quei “Brienza” del Palermo o del Siena che hanno quei 4-5 anni di A alle spalle, anche, magari, senza aver eccelso, ma che possono garantire quella qualità necessaria e che sanno, soprattutto, come si “batte” il Siena o il Catania. Gente dai piedi pur rozzi, ma con scorza in testa (che non ci risultano costino un occhio della testa) che sappia arginare le folate degli esterni interisti o juventini e che sappia gestire una barriera davanti ad una punizione di Del Piero ma che, soprattutto, ci faccia eventualmente soccombere in piedi e dignitosamente senza prendere sberle alla Albinoleffe qua e la per l’Italia. E tutto questo, con tutta onestà e con tutto il proverbiale ottimismo che, ad inizio stagione, non fa mai male dispensare, non ci pare di averlo visto sin dal ritiro di Ridanna.

Troppi i soliti giocatori-scommessa e troppi anche quelli arruolati che possono far la differenza in B, ma la A, a nostro parere, è un’altra cosa perché c’è davvero il rischio (anche se ci auguriamo di essere smentiti) di arrivare a Natale - periodo in cui si dovrebbe muovere qualcosa nell’organico a sentire Mora - con un misero pugno di punti in tasca, se tutto va bene nonostante, tanto Ventura quanto noi, siamo moderatamente ottimisti sull’esito di sabato prossimo a San Siro soprattutto se qualcuno degli assenti di ieri tornerà arruolabile.

Ieri sera dalle canne fumarie del San Nicola ferragostano sembrava fuoriuscire un fumo acre di dismissione che lasciava spazio ad un altro più profumato che, invece, sembrava entrare dalle finestre, un’aria di cambiamento e di rinnovamento che, a quanto pare, dovrebbe impregnare i muri del San Nicola a partire da domani pomeriggio. Già, dovrebbe. E, se permettete, ci piacerebbe pensare che il cambiamento non tocchi solo la rosa che - appare evidente - è indiscutibilmente da integrare con personale da A, ma vada a dare una regolata all’indotto.

La vera svolta preferiamo vederla più che altro nella spallata definitiva al clientelismo (e gli americani, su questo, dovrebbero essere una garanzia da sempre, infatti, allergici a tale antipatica corrente), alla fine definitiva di quei veri e propri movimenti, quei moti carbonari prettamente baresi sorti col tempo in seno al modus operandi matarresiano ed atti al servilismo “lacchè” esasperato sia mediatico che interpersonale con i soliti annosi strani personaggi che, pur non essendo ufficialmente dipendenti di Matarrese, gli hanno gravitato attorno come servi sciocchi, a volte incoerenti (ma questo era l’ultimo dei problemi), e senza dignità andando incontro, spesso e volentieri, anche a meschine figure. Vorremmo che il Bari non fosse più una Casa Protetta per giocatori, purtroppo, presi in prestito appena ricuciti e da fisioterapizzare; vorremmo che il Bari diventasse una meta ambita da giocatori medio alti e non solo da quelli in cerca dell’ennesimo (inutile) riscatto; vorremmo che il deux ex machina Giorgio Perinetti la smetta, finalmente, di vestire gli abiti talari taumaturgici facendo semplicemente il suo lavoro che, immaginiamo con un po’ di soldi in tasca (non tantissimi), lo farebbe davvero alla grande così la finirebbe di elemosinare qua e la nei box del calciomercato e soprattutto si finirebbe, una volta per tutte, di responsabilizzarlo all’inverosimile, già ha fatto troppi miracoli; vorremmo che allo stadio pagassero tutti anche coloro i quali pur potendoselo permettere, preferiscono fare i portoghesi attendendo l’ultimo minuto - momento ideale per favoritismi alle porte – per accedere; vorremmo che lo stadio funzionasse meglio.

Non chiediamo di competere con Berlusconi o con Moratti, per carità, ma ci piacerebbe vedere una squadra svincolata dai bilanci delle altre società collegate. Ecco, se solo qualcuno suggerirà ai texani che, ancor prima di arruolare Almiron, si dovrà debellare questo cancro, i programmi societari saranno tutti più snelli, funzionali e con ottimi riscontri. Sperando, ovviamente, che la resa del prodotto che gli americani vorranno imporre dalle nostre parti non sia direttamente proporzionale agli investimenti nella squadra.

Già, perché, con tutta onestà, pur consapevoli che tra l’installare una centrale nucleare e l’imporre innocui e funzionali pannelli fotovoltaici preferiamo vedere i tetti di Bari coperti da questi ultimi, e consci che i Tex Willer americani, prima di decidere di metter radici a Bari, avranno sicuramente sondato il terreno con studi e operazioni di marketing, non sappiamo, però, cosa ne penseranno Nonno Colino della palazzina di Via Ravanas o Nonna Cettina del basso di Strada San Benedetto nella città vecchia, circa l’idea di un tetto fotovoltaico sulle loro teste ottuagenarie. Sarebbe un po’ come imporre ai baresi di andare in bici, insomma. Vedremo. Ma forse, chissà, anche loro si adegueranno al trend europeo metropolitano barese. In effetti a pensarci bene, solo il calcio, a Bari, volutamente e colpevolmente, è rimasto indietro ai canoni europei perché vincolato ai protocolli del potere, mentre altre cittadine inconsistenti geopoliticamente ci hanno fatto puntualmente marameo per tanto tempo fregandosene dell’abbattimento della loro Punta Perotti costruita erroneamente, pensando alla squadra e ai tifosi. Ovviamente, problemi e contraddizioni a parte, tipici di Napoli, Amsterdam, Milano e Londra. Ecco, cominciamo a manifestare ottimismo qui, speriamo che la prima risposta parta da qui piuttosto che da Almiron che peraltro serve come il pane, magari ci troveremo di fronte davvero ad una Bari metropolitana e europea, chissà, in Uefa così da andare a Lisbona, almeno una volta nella vita, e non più al Matusa di Frosinone.


Massimo Longo

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